La questione Scuola ha prodotto spaccature di opinione tra riformisti e conservatori, assumendo contorni preoccupanti quando l'attenzione si spostava sulla opportunità di intervento dei privati per alleggerire il carico della spesa pubblica. È innegabile che una partecipazione degli enti privati nel ramo istruzione costituisca un punto critico allorquando si parla di pari opportunità tra istituti privati e scuole statali. Le preoccupazioni in seno alle famiglie fuoriescono alla lettura di alcuni articoli usciti in questi ultimi giorni su Il Tirreno e sul Corriere di Bologna.

Nel primo caso si mette in luce il timore di maggiore spesa per i genitori in seguito a riduzioni del servizio quali ad esempio il taglio delle ore all'asilo nido Il Palloncino Rosso.

Il cartello dei Salesiani

Il Corriere di Bologna evidenzia il caso di una foto pubblicata da un Istituto gestito dai Salesiani che ha destato indignazione e preoccupazione diffusa. Commenti ironici sui social all'iniziativa della scuola in questione che si trova a Lizzano in Belvedere, ma anche pesanti accuse e proteste per un cartello dove c'era scritto che venivano accettati soltanto bambini normali. Tra i tanti commenti pubblicati spicca quello di una lettera di un padre che invitava i Salesiani a specificare cosa intendono per bambini normali.

Frenare i privati

Circa il presunto diritto degli istituti privati ad ottenere pari opportunità con quelli pubblici si era già espresso un celebre costituzionalista. L'ex giudice Ferdinando Imposimato, dalla sua pagina Facebook, ne metteva in evidenza il vizio costituzionale al punto in cui si legge che lo Stato non deve assumersi oneri per la gestione delle scuole paritarie.

Ma quando il discorso si sposta sulle intenzioni di Renzi ci va giù duro. Non è ammissibile che Treelle detti al governo le regole sull'istruzione in danno delle famiglie e della scuola pubblica. Il suo concetto così espresso trova ancora maggior forza dai casi di Lizzano e Monsummano Terme, da lui reputati assurdi.

Quale destino sul DDL

L'uscita dei Popolari dalla maggioranza ridisegna gli assetti della compagine governativa e rimette in discussione l'intero impianto di riforma. Ma per Zanda, come scrive il Sole24Ore, questo non cambia la marcia del governo sull'approvazione della riforma. Un inaspettato stop con rinvio di tutta la discussione a luglio potrebbe provenire per effetto degli sviluppi dell'indagine su Roma Mafia Capitale. Lo scrive il Corriere della Sera con un articolo al riguardo, paventando anche il rischio che salti l'intera giunta Marino.