Visto il gran caldo che imperversa in Italia in questi giorni, la proposta di legge firmata dalla laburista Linda Riordan ed appoggiata da altri 17 parlamentari britannici potrebbe riscuotere molto successo nella nostra penisola.

La proposta della Riordan

Nei giorni scorsi, infatti, l'esponente politica inglese si è fatta promotrice di una norma che, se approvata, permetterebbe ai lavoratori di non continuare a svolgere la propria attività qualora la temperatura dell'ambiente di lavoro dovesse superare i 30 gradi. La soglia proposta dalla Riordan si abbassa ulteriormente se si tratta di lavori particolarmente usuranti, scendendo a 27 gradi.

I motivi alla base della proposta di legge

La rappresentante del partito laburista ha spiegato i motivi alla base della sua proposta: una temperatura così elevata rischia di causare diversi disagi ai lavoratori, dalle vertigini allo stress, dall'irritabilità all'affaticamento. Tutto ciò a discapito della performance lavorativa, che si ridurrebbe terribilmente ed esporrebbe i lavoratori ad elevati rischi per la propria salute in una scala che va dall'accumulo di stress allo svenimento, tutti fattori che elevano il rischio di incidenti sul lavoro. Una proposta del genere ha subito trovato il consenso delle organizzazioni sindacali, che hanno auspicato la messa in pratica della stessa.

Ma c'è anche chi ha visto nella proposta laburista un tentativo per risalire nel gradimento dei cittadini britannici, dopo che il partito conservatore di David Cameron è riuscito a vincere le scorse elezioni del 7 maggio con oltre il 36% di preferenze, a discapito del centrosinistra e di tutti i sondaggi.

Un'iniziativa del genere, presa proprio dalla fazione politica storicamente più vicina ai lavoratori, darebbe nuova linfa ad un partito che vuole tornare ad essere protagonista nella scena politica britannica.

Anche il partito comunista francese aveva fatto riferimento ad una proposta simile, ipotizzando però una temperatura di almeno 35 gradi sul posto di lavoro per smettere di lavorare.

Chissà cosa penserà al riguardo il premier italiano Matteo Renzi, anch'egli appartenente all'area del socialismo europeo nella quale si inserisce il partito laburista promotore della proposta di legge in Gran Bretagna. Non di solo "Jobs Act" vive il centrosinistra europeo.