Quanto alla questione dell'abilitazione all'insegnamento in questi ultimi anni i vari esecutivi hanno dato sfoggio di ampia creatività. Dalla chiusura delle Siss alla creazione dei percorsi formativi abilitanti stabiliti dal Decreto n. 249 del 10 settembre 2011, successivamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio del 2011. Il pomo della discordia dei Pas e dei Tfa ha ingenerato profonde spaccature e divisioni in seno ad una categoria di docenti precari che si è dimostrato invero funzionale a lobby di potere che hanno ispirato una riforma scolastica ancora più cervellotica che incostituzionale.
Al punto tale che si renderà necessaria una fase transitoria per gli abilitaticon questi corsi dopo la conclusione del concorso docenti 2016.
L'assurdità degli ambiti territoriali
Senza un adeguato censimento delle cattedre vacanti e disponibili (leggasi trasformazione dell'organico di fatto in organico di diritto) qualsiasi riforma scolastica sarà sempre zoppa e ingiusta. Non si capisce infatti l'obbligo di emigrare per trovare lavoro. Nessuna certezza, nessuna possibilità di stabilizzazione o di mettere radici con questa legge perché ci si potrebbe trovare costretti ad andarsene un'altra volta. Le norme che regolano i nuovi ambiti territoriali, che gradualmente verranno estesi da submetropolitani in aree più vaste, conferiscono e mantengono quella odiosa sensazione di precarietà che discende dall'accettazione della presa di servizio secondo la legge 107.
Oltre l'eccezione dell'art. 97
L'eccezione dell'articolo che disciplina l'accesso ai ruoli della Pubblica Amministrazione ben si prestava ad una fase transitoria senza che ne venissero coinvolte le diverse modalità di abilitazione. Agli occhi dei più, queste appaiono maggiormente incomprensibili in quanto non sarà mai una preselezione in ingresso a discriminare le capacità didattiche di chi ha già prestato servizio con contratti a tempo determinato.
L'esperienza si forma sul campo ancora di più che nelle aule universitarie. In questo senso risulta maggiormente comprensibile la battaglia di Silvia Chimienti in favore dei precari della II fascia delle Graduatorie di Istituto.
Una legge equa
Anziché decretare per legge il rinfoltimento di organico negli istituti settentrionali, sarebbe stato più logico emanare una legge che prevedesse concorsi su base regionale, non nazionale, con riserva di domanda di trasferimento volontaria.
Un precario che si vedesse escluso dal ruolo per diversi anni avrebbe potuto liberamente scegliere di partecipare ad un concorso in una regione diversa da quella di residenza. Concorsi che dovrebbero essere banditi solo quando effettivamente non ci siano più aspiranti nemmeno da GI. A quel punto sono io docente che decido autonomamente se accettare di restare in quella regione per chiedere successivamente il trasferimento vicino casa attraverso una domanda di mobilità.