L'autorità dei dirigenti scolastici con la chiamata diretta dei professori potrebbe uscirne dimezzata al termine delle trattativetra i sindacati ed i tecnici del ministero dell'Istruzione. E' questa condizione inderogabile posta dai sindacati e riportata nella giornata del 24 giugno 2016, del quotidiano Italia Oggi: le scelte dei dirigenti riguardo agli insegnanti ai quali vorranno proporre l'incarico non saranno più autonome e indiscutibili, ma dovranno rientrare all'interno di criteri definiti. Pertanto, i dirigenti scolatici dovranno tenere quello che il quotidiano economico definisce un "mini-concorso", scandagliando tra i curriculum dei professori e scegliendo quelli che, sulla base di parametri individuatidal tavolo delle trattative, risultino i più adatti alla propria offerta scolastica.

Chiamata diretta docenti solo con griglie di valutazione

E' solo in questo modo che potrà sbloccarsi la trattativa sulla chiamata diretta, anche se i sindacati dovranno rinunciare al meccanismo delle graduatorie. Dal prossimo settembre, i docenti di ruolo (e quelli che usciranno vincitori dal concorso scolastico 2016) saranno scelti dai presidi solo al termine della valutazione dei titoli e della preparazione. Un paletto ben preciso alla discrezionalità incontrollata dei dirigenti, ma anche un deciso passo indietro delle norme contenute nella legge della Buona Scuola di Renzi. Restano da definire, pertanto, le griglie dei punteggi da assegnare ai professori, nonché le modalità secondo le quali i presidi dovranno giustificare le proprie scelte.

Buona scuola: passo indietro di Renzi dopo la spaccatura con i docenti?

Il cambio di rotta del ministero dell'Istruzione sulla chiamata diretta potrebbe inquadrarsi nel tentativo di recupero del consenso dei docenti. La cocentesconfitta alle recenti elezioni amministrative ha messo in luce la profonda spaccatura tra il mondo scuola ed il partito di maggioranza.

E i sondaggi indicano proprio nella riforma scolastica(per il 53 per cento degli intervistati), il più grosso errore commesso nei due anni di governo dello stesso Renzi. E, tra i punti maggiormente contestatidella riforma della scuola c'è proprio la scelta incondizionata dei presidi e la mobilità dei professori all'interno degli ambiti territoriali che hanno preso il posto dei vecchi distretti.