Ormai è chiaro, sarà nella Legge di Stabilità che si interverrà sul contratto dei lavoratori statali. Lo ha confermato in prima persona il Premier Renzi intervenendo nel salotto Rai di “Porta a Porta”, da Bruno Vespa. Il Presidente del Consiglio tra le tante misure urgenti ha inserito anche il problema dello stipendio nelle Pubbliche Amministrazioni bloccato da oltre 7 anni e oggetto della ormai famosa sentenza della Corte Costituzionale. Continuano a fuoriuscire indiscrezioni e notizie sulle linee di intervento per questa tipologia di lavoratori e l’incontro di lunedì 12 settembre probabilmente chiarirà molti aspetti.
Le richieste dei sindacati si stanno ammorbidendo?
Il Governo nell’incontro in agenda sarà come sempre rappresentato dall’Aran, l’Agenzia incaricata dalla Madia di trattare con i sindacati. Il problema di partenza è sempre lo stesso, le cifre e su questo punto sembra che le distanze si stiano accorciando. Come in qualsiasi trattativa, per trovare un accordo serve che le parti si avvicinino e questo è ancora più necessario osservando i numeri da cui si è iniziato a trattare. Il Governo nella scorsa manovra finanziaria ha stanziato 300 milioni di euro da dividere tra gli oltre 3 milioni di lavoratori del settore. Di fronte all’esiguità della cifra, che qualora fosse divisa in parti uguali tra tutti i lavoratori concedeva meno di 10 euro al mese di aumento a testa, i sindacati hanno alzato il muro.
Sia pure con punti di vista diversi, con una durezza diversa tra sigle e sigle, un punto di vista comune dei sindacati era che quella somma non bastava. Tutte le tre grandi sigle, CGIL, CISL e UIL hanno appreso positivamente l’apertura del Premier ad un intervento immediato in Legge di Stabilità, senza dover attendere il Testo Unico del Pubblico Impiego di febbraio 2017 che chiuderà il cerchio sulla riforma della Pubblica Amministrazione targata Madia.
Ad oggi i sindacati sembra che siano disposti a trovare un accordo a condizione che l’aumento accordato non sia inferiore agli 80 euro a testa. Sulle cifre potrebbe essere propedeutico l’aggiornamento del DEF previsto per fine mese. In definitiva, tanta la carne al fuoco e tanti gli appuntamenti già in calendario.
Il lavoro pubblico si avvicina a quello privato?
Per i rappresentanti dei lavoratori in pratica, l’aumento minimo che serve per chiudere la vicenda, dopo anni di blocco e dopo il sacrificio comandato dalla Fornero che la Consulta ha bocciato, deve essere quanto meno uguale a quello che hanno ottenuto i lavoratori del settore privato. L’avvicinamento tra le due tipologie di lavoro ha conferma anche da un articolo del quotidiano “il Messaggero” che ha esposto una novità che riguarderebbe l’aumento di orario di lavoro per gli statali. In pratica, si tratterebbe di concedere l’aumento in cambio di un aumento di orario che passerebbe dalle 36 settimanali di oggi alle 40. Il protrarsi delle ore lavorative comunque resterebbe opzionale, cioè sarebbe il dipendente a scegliere se aderire o meno.
Siamo nel campo delle indiscrezioni, tanto è vero che l’Aran ha smentito che si sia mai parlato di questo aspetto. Ad oggi quindi, gli aumenti sono all’attenzione del Governo, ritenuti come detto una priorità. Probabilmente la soluzione si troverà o con la novità dell’orario di lavoro, o proseguendo con la vecchia linea, con interventi a campione, iniziando dai redditi più bassi e dai lavoratori più indigenti. In questo modo si conterrebbe la spesa pubblica e quindi gli stanziamenti e si renderebbero più degni dei 10 euro al mese inizialmente previsti, gli aumenti. Oppure concederli ai dipendenti più meritevoli, con criteri di valutazione ancora poco chiari. Per coloro ai quali niente sarà concesso, se ne riparlerà l’anno prossimo, quando si spera che la crescita riprenda ad avere segno positivo a tal punto da poter stanziare altri soldi per i lavoratori.