Mollare tutto per andare a vivere gli anni della propria pensione all'estero? Se fino a qualche anno fa poteva sembrare un'ipotesi da bar, le ultime rilevazioni statistiche ed i report elaborati dai ricercatori di settore indicano che qualcosa è cambiato. Certo si tratta di un fenomeno che non deve essere generalizzato e che riguarda ancora una parte contenuta della platea dei pensionati, ma sarebbe altrettanto superficiale liquidare la questione come qualcosa di irrilevante o passeggero. La verità è che dietro alla crescita di coloro che decidono di fare "il grande passo" ci sono considerazioni tutt'altro che irrazionali.
I dati sui pensionati all'estero presentati nel quinto rapporto di Itinerari previdenziali
A fare il punto della situazione negli scorsi giorni è stato "Itinerari Previdenziali", società indipendente che da anni studia l'evoluzione del comparto previdenziale in Italia. Il noto istituto di ricerca del settore ha raccolto ed elaborato gli ultimi dati disponibili, individuando 373.265 assegni liquidati all'estero. Di questi, l'82,6% è riconducibile a cittadini italiani, mentre il 17,4% fa riferimento a stranieri. A livello complessivo, le Pensioni pagate all'estero superano il miliardo di euro e vengono erogate in tutti e cinque i continenti. Entrando però nello specifico dei dati, si scopre anche che l'84% di questi pagamenti riguarda pensioni in totalizzazione di contributi italiani ed esteri, cioè destinate ad individui che hanno svolto una parte della propria vita lavorativa attiva fuori dall'Italia.
Il restante 16% fa invece riferimento a coloro che hanno spostato la propria residenza dopo aver ottenuto l'assegno in Italia ed avendo basato tutta la propria storia contributiva nel Bel Paese.
L'analisi in base al reddito dei pensionati
Un altro elemento interessante da valutare per comprendere meglio il fenomeno è rappresentato dalla distribuzione dei redditi.
È chiaro che dal punto di vista fiscale, il vantaggio è maggiore tanto quanto risulta più alto l'assegno. Infatti, chi possiede redditi medio-alti tende a scegliere Paesi dove l'imposizione è più bassa o addirittura zero (come avviene ad esempio in Portogallo, dove ai pensionati che si trasferiscono viene attualmente garantita l'esenzione da ogni imposta per 10 anni).
Non è quindi difficile immaginare la notevole convenienza per chi versa, ad esempio, l'aliquota Irpef del 43%, senza poi considerare maggiorazioni regionali o comunali. Al contrario, la convenienza fiscale diventa meno ovvia per chi possiede redditi medio bassi, visto che le imposte si annullano o si riducono fortemente in virtù di detrazioni e deduzioni fiscali. La conseguenza di queste evidenze è che solo nel 2016 le richieste di applicazione del trattato internazionale contro le doppie imposizioni da parte di pensionati italiani trasferiti all'estero sono state più di 55mila. Così, tra le nazioni destinatarie dell'assegno lordo (senza trattenute fiscali) troviamo Australia, Germania, Canada, Belgio...
ma anche Paesi dell'area mediterranea come Portogallo, Spagna o Tunisia.
Le motivazioni alla base dell'espatrio
Se è vero che in una scelta di vita come quella di un trasferimento il portafoglio abbia il proprio peso, è anche vero che dal punto di vista sociologico non tutto è riconducibile alla convenienza prettamente economica. A tal proposito, abbiamo condotto un piccolo sondaggio all'interno della nostra pagina Facebook "Riforma pensioni e lavoro", ricevendo riscontri interessanti in merito alle motivazioni che spingono i pensionati (attuali o futuri) verso l'idea dell'espatrio. Così, accanto al vantaggio di ottenere importanti sgravi fiscali troviamo anche l'opportunità di una qualità della vita migliore e la ricerca di servizi maggiormente funzionali e supportivi.
Mentre c'è anche chi aspira semplicemente ad un sistema più equo. In tanti spiegano di vedere il trasferimento come un male necessario, ammettendo che preferirebbero trascorrere gli ultimi anni in Italia se la situazione fosse diversa. Insomma, la prerogativa del risparmio fiscale non sarebbe che la punta di un iceberg che galleggia sul disagio di una qualità della vita andata per molti lentamente quanto inesorabilmente in declino. Interrogarsi sul fenomeno e provare ad ipotizzare un cambio di rotta non è quindi un esercizio vano, soprattutto finché numericamente continua a risultare contenuto (ancorché in crescita).
Come da nostra prassi, restiamo a disposizione dei lettori nel caso desiderino aggiungere un commento nel sito o nella pagina Facebook "Riforma Pensioni e lavoro" in merito alle ultime novità sul comparto previdenziale riportate nell'articolo.