All'interno di un nostro precedente articolo (nel quale abbiamo approfondito i nuovi criteri di pensionamento a partire dal 2019 resi pubblici tramite una recente circolare INPS) abbiamo indicato che il nuovo tetto all'età pensionabile per chi possiede pochi contributi e risulta inserito nel sistema contributivo puro verrà innalzato dal 2019 a 71 anni di età. Ma quali sono davvero le opzioni di uscita alternative per chi possiede pochi anni di contribuzione, ad esempio in virtù di una carriera discontinua o perché ha dovuto interrompere prematuramente la propria attività lavorativa per questioni familiari?

Proviamo a fare insieme il punto della situazione attraverso un nuovo testo di approfondimento.

Il salvagente dell'assegno sociale: nel 2019 a partire dai 67 anni di età

Per chi presenta i giusti requisiti di reddito, resta sempre possibile richiedere l'assegno sociale, una misura destinata a tutelare i soggetti più deboli in età avanzata. Il sussidio di welfare è disponibile a partire dai 66 anni e 7 mesi di età nell'anno in corso, mentre dal prossimo anno sarà necessario maturare i 67 anni di età. Se si rispettano i vincoli previsti dalla legge per l'accoglimento della domanda, non è necessario avere maturato alcuna contribuzione presso l'Inps. La misura può quindi diventare una forma di accompagnamento alla maturazione dell'assegno a 71 anni per chi ha più di 5 anni di versamenti, ma al contempo non riesce a raggiungere i 20 anni di contribuzione.

L'accesso all'Inps con il fondo casalinghe

Una ulteriore alternativa per chi ha avuto l'accortezza di effettuare i versamenti è l'accesso alla cosiddetta pensione per casalinghe. Il fondo non è cumulabile o ricongiungibile con le altre gestioni, ma consente l'erogazione di una pensione di vecchiaia a partire dai 57 anni, con almeno 5 anni di versamenti ed un assegno uguale o superiore ad 1,2 volte la pensione sociale.

I contributi possono essere dedotti dal reddito del coniuge se versati per la persone a carico. In alternativa prevede l'erogazione dell'assegno ordinario al compimento del 65esimo anno di età. L'opzione consente quindi di ottenere un primo reddito previdenziale con sei anni o più di anticipo rispetto ai 71 anni di età previsti dal 2019.

Un'alternativa da tenere in considerazione per chi si deve confrontare con una breve storia contributiva.

La rendita anticipata o ordinaria erogata dai fondi pensione

Infine, resta la possibilità di maturare una pensione di sostegno anticipata o ordinaria tramite la previdenza complementare. Anche in questo caso è possibile portare in deduzione dal reddito del capofamiglia in contributi, se versati per il coniuge o per una persona a carico. La pensione erogata dai fondi può essere anticipata, nel caso della RITA, a partire dai 57 anni di età (fino a 10 anni di anticipo rispetto alla pensione ordinaria), ma con almeno 5 anni di versamenti nella previdenza complementare e 20 anni in quella obbligatoria, oltre ad uno stato di inoccupazione superiore ai 24 mesi.

In alternativa è possibile chiedere l'assegno ordinario a 67 anni di età con 5 anni di versamenti nel secondo pilastro, indipendentemente da quanto si è versato all'Inps. Entrambe le soluzioni consentono di ottenere un reddito supplementare con largo anticipo rispetto a chi deve attendere la maturazione della quiescenza ordinaria (nel caso della Rita) oppure della pensione a 71 anni di età (per chi ha pochi versamenti all'attivo).

Come da nostra prassi, restiamo a disposizione dei lettori qualora desiderino aggiungere un commento nel sito o nella pagina Facebook "#riforma Pensioni e Lavoro" in merito alle ultime novità su lavoro, welfare e previdenza riportate nell'articolo.