La Cgil torna a puntare il dito contro la Manovra Fornero attraverso un dossier realizzato insieme alla Fondazione Di Vittorio, nel quale si evidenzia che il sistema italiano risulta tra i più penalizzanti in Europa. Una constatazione che giustifica come sia fondamentale "reintrodurre un meccanismo di flessibilità in uscita in Italia", spiega il Segretario Confederale Roberto Ghiselli, ricordando che la piattaforma sindacale ha già chiesto di "superare strutturalmente l’impianto della legge Monti-Fornero, introducendo i necessari elementi di sostenibilità; in particolare nei confronti dei giovani, delle donne, di chi svolge lavori manuali e gravosi, e dei lavoratori precoci".

Le comparazioni effettuate all'interno dello studio

Entrando nel merito dello studio presentato dalla Cgil, si evidenzia come tra i cinque primi Paesi Europei l'Italia sia quello con l'età più alta di uscita per la pensione di vecchiaia. Così, ai 66 anni e 7 mesi necessari attualmente nel Bel Paese si contrappongono i 62 anni della Francia, i 65 anni del Regno Unito, i 65 anni e 5 mesi della Spagna, ed i 65 anni e 6 mesi della Germania. D'altra parte, la situazione italiana diventa ancora più preoccupante se si guarda ai valori previsionali. Nel 2031 l'età di uscita dal lavoro raggiungerà infatti i 68 anni mentre nel 2045 si supererà la soglia dei 69 anni. Negli altri Paesi la progressione degli incrementi appare invece più contenuta.

Ad esempio, in Spagna i 67 anni di età saranno raggiunti solo nel 2027 mentre in Spagna nel 2029. Ma sullo scenario pesa anche il meccanismo di funzionamento dell'adeguamento all'aspettativa di vita, che solo in Italia prevede aggiustamenti con frequenza biennale.

Il sistema italiano penalizza anche sull'entità degli assegni

Come se tutto ciò non bastasse, c'è un ulteriore aspetto da tenere in considerazione, perché l'adeguamento alla speranza di vita influisce anche sul valore dei futuri assegni.

"Oltre a impattare sul diritto, modifica con cadenza biennale i coefficienti di trasformazione" spiega a tal proposito il responsabile dell'Ufficio previdenziale Cgil Ezio Cigna, evidenziando che così si verifica "non solo uno spostamento del traguardo pensionistico per tutti, ma anche una pensione più bassa”. Una possibile soluzione al riguardo potrebbe essere il rilancio della previdenza complementare, che però presenta ancora un elevato gap rispetto a molti partner europei.

Camusso: urgente intervenire sul sistema previdenziale

A conferma di uno scenario che necessità di provvedimenti tempestivi si registrano anche le dichiarazioni della leader della Cgil Susanna Camusso. La quale ricorda che "un intervento sul nostro sistema previdenziale è urgente e necessario". In questo senso, "Il nuovo Parlamento e il futuro Governo, hanno un compito fondamentale: ridare equità al sistema pensando in primo luogo ai giovani, oggi così penalizzati da rischiare la totale perdita di fiducia nella previdenza pubblica", ha concluso la sindacalista.

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