Interviene l'Ocse a frenare la riforma delle Pensioni italiane. Nella conferenza stampa di presentazione della nuova Economic Survey sull'Italia, l'Organizzazione dei Paesi sviluppati promuove la riforma della Pubblica amministrazione del ministro Renato Brunetta e gli obiettivi di revisione del Fisco per la riduzione del peso fiscale sul lavoro ma, alla vigilia degli interventi del governo Draghi sul dopo quota 100, torna a chiedere un ritorno ai meccanismi e ai requisiti della riforma delle pensioni di Elsa Fornero dal 2022.

Riforma pensioni, l'Ocse chiede di abbandonare sia quota 100 che Opzione donna dal 2022

Le pensioni sono l'argomento più spinoso nel rapporto presentato dall'Ocse. In primo luogo perché la spesa sulla previdenza italiana è cresciuta anche nel periodo di emergenza sanitaria. Nel 2019, infatti, le pensioni pesavano per meno del 14% del Prodotto interno lordo. Due anni dopo, in piena pandemia, il tasso di crescita, secondo quanto calcolato dalla Ragioneria dello Stato, ha superato il 17%. Percentuale che si attesta a circa il doppio rispetto alla media dei Paesi Ocse (l'8,5%). Con questi dati, il rapporto dell'Ocse arriva alla conclusione di abbandonare la sperimentazione della quota 100, già fissata al 31 dicembre 2021 dopo un periodo di tre anni, ma anche dei requisiti di pensione anticipata previsti per l'Opzione donna.

Pensioni, cosa succede se si ritorna ai requisiti della riforma Fornero?

Il risultato sarebbe quello di ritornare ai requisiti di uscita delle pensioni con i due meccanismi principali, ovvero le pensioni di vecchiaia e le pensioni anticipate dei contributi, con alcuni sistemi previdenziali riservati a strette cerchie di contribuenti che dimostrino di rientrare in particolari condizioni di disagio economico e sociale.

Le due strade per andare in pensione prevederebbero l'uscita a 67 anni di età unitamente a 20 anni di contributi minimi per le pensioni di vecchiaia e il calcolo dei contributi per le pensioni anticipate. Per queste ultime, il totale dei contributi per andare in pensione a qualsiasi età è fissato a 42 anni e 10 mesi di versamenti per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne.

Pensioni, quali sono i requisiti di uscita e di anticipo fino al 2026

Sia con un integrale ritorno ai requisiti della riforma Fornero, sia nel caso di introduzione di nuovi strumenti di pensione anticipata che possano sostituire la quota 100 dal 1° gennaio 2022 (ed eventualmente anche l'Opzione donna), sono noti i meccanismi di uscita dei lavoratori prossimi alla pensione negli anni a venire. La pensione anticipata dei soli contributi manterrà i circa 43 anni di versamenti fino alla fine del 2026. È quanto deliberato dal primo governo Conte con il decreto numero 4 del 2019 che ha istituito la quota 100. Con le pensioni anticipate slegate, dunque, dal meccanismo dell'aspettativa di vita, i dubbi permangono sull'età di uscita della pensione di vecchiaia nei prossimi anni.

Infatti, l'età dei 67 anni resterà in vigore fino alla fine del 2022, poi dal 2023 e fino alla fine del 2024, secondo le stime Istat sull'aspettativa di vita (da confermare), l'età di uscita dovrebbe aumentare a 67 anni e tre mesi.

Pensioni, l'aspettativa di vita che determinerà i requisiti della vecchiaia nel 2023 e 2024

In attesa, dunque, dei dati demografici dell'Istat sulla speranza di vita, l'aumento calcolato sui requisiti delle pensioni di vecchiaia per il biennio 2023-2024 potrebbe subire uno stop. La circostanza dipende dal fatto che nel nuovo calcolo Istat rientrerà anche il 2020, primo anno della pandemia che in ampie zone d'Italia ha ridotto drasticamente l'aspettativa di vita. Più dettagliatamente, il rapporto che dovrà fornire l'Istat per i parametri previdenziali del 2023-2024 è quello sulla speranza di vita osservata nel 2019-2020 rispetto al biennio precedente, ovvero la media del 2017-2018.

Dai nuovi indici potrebbe emergere che l'età della pensione di vecchiaia (ancorata all'aspettativa di vita della riforma Fornero) potrebbe rimanere invariata non solo nel 2023-2024, ma anche nel biennio successivo nel caso in cui la perdita di speranza di vita dovuta alla Covid dovesse far maturare un "credito" in termini demografici tale da annullare gli aumenti trimestrali a biennio che erano stati già stimati in epoca pre-Covid.

Reddito di cittadinanza, l'Ocse boccia la capacità dello strumento di permettere di trovare un impiego

Infine, il rapporto dell'Ocse boccia anche i risultati ottenuti con l'introduzione del Reddito di cittadinanza. Per l'organizzazione, infatti, il RdC ha certamente "contribuito a ridurre il livello di povertà" in Italia, come rivendicano anche i partiti favorevoli al mantenimento della misura di sostegno al reddito.

Tuttavia, nel rapporto si fa riferimento a un numero scarso di beneficiari che poi ha trovato un impiego. È questa anche la posizione di alcuni partiti ed esponenti politici, come Matteo Salvini e Matteo Renzi, che sono pronti a rivedere profondamente o, addirittura, a procedere nella battaglia per l'abolizione della misura.