Il cantiere che porterà alla riforma delle Pensioni, da varare nella legge di Bilancio 2022, inizia a prendere forma con le varie ipotesi e le simulazioni di uscita anticipata. L'obiettivo è quello di evitare che i lavoratori che matureranno i requisiti per la quota 100 già dal giorno dopo la fine della sperimentazione della misura al 31 dicembre 2021, possano trovare un'alternativa di uscita anticipata a un'età non troppo distante dai 62 anni attualmente in vigore. Proprio a proposito di quota 100 ci sono due novità: la prima riguarda il numero, di gran lunga inferiore alle attese, dei lavoratori che hanno lasciato il lavoro con la misura dal 2019 a oggi con conseguente risparmio di risorse preventivate.
La seconda novità è inerente alla possibilità che la stessa quota 100 venga riproposta a favore di determinate categorie. Inoltre, anche l'altra quota, la 41, potrebbe subire modifiche proprio con l'introduzione di un requisito anagrafico.
Riforma pensioni 2022: le nuove ipotesi che si fanno al governo per la fine di quota 100
Innanzitutto i numeri delle pensioni con quota 100 sui quali il governo Draghi sta facendo gli opportuni ragionamenti in vista della riforma. A partire dall'inizio della sperimentazione di gennaio 2019, i lavoratori che sono andati in pensione a 62 anni unitamente a 38 di contributi sono stati 341mila. Una cifra ben al di sotto delle stime tecniche che prevedevano, entro il 31 dicembre 2021, 973mila uscite totali.
A fronte di previsioni di spesa pari a 20 miliardi per tutto il triennio, alla fine potrebbero essere risparmiati 6-7 miliardi di euro. Risparmi che si avrebbero pur ipotizzando un colpo di coda della misura e un numero in aumento di adesioni da qui al 31 dicembre prossimo, fino a 400mila pensionati totali con quota 100. Va detto, anche, che parte dei soldi già stanziati per quota 100 e risparmiati, sono stati già dirottati in misure di sostegno al reddito per la Covid e la riforma degli ammortizzatori sociali.
Pensioni, nuove misure in arrivo per i lavoratori gravosi con uscita da 63 anni
Ne deriva che, comunque, per la riforma delle pensioni del 2022 le risorse a disposizione del governo Draghi sarebbero piuttosto limitate, tra tagli e dirottamenti. Si calcola che potrebbero essere stanziati tra 1,5 e 2 miliardi di euro con la conseguente che i ragionamenti sulle nuove pensioni dovranno farsi senza comportare eccessivi scostamenti.
Con queste risorse le ipotesi che si fanno convergono verso un'età di uscita che potrebbe essere stabilita a 63 anni. È questa l'età già prevista per l'Ape sociale, l'anticipo pensionistico che consente di mandare in pensione i lavoratori rimasti disoccupati, i caregiver, gli invalidi almeno del 74%, i gravosi e gli usuranti. Proprio a favore dei lavoratori impiegati in attività gravose si concentrano le maggiori ipotesi di riforma di questa misura: attualmente le categorie di lavoro interessate sono 15, ma si potrebbe puntare a ricomprenderne altre rimaste fuori. Ad esempio, nella scuola i lavoratori che possono andare in pensione con l'Ape sociale sono solo le maestre dell'infanzia e gli educatori degli asili nido.
Tutto il restante universo scolastico è tagliato fuori dalle attività gravose, così come sono numerosi gli esclusi anche nella sanità.
Riforma pensioni, l'ipotesi accreditata della nuova quota 41 e uscita a 62 anni di età
A proposito di pensioni con Ape sociale, i requisiti inerenti alle condizioni economiche e sociali della quota 41 attuale sono i medesimi. Ed è proprio sulla quota 41 dei precoci che negli ultimi giorni si concentrano i maggiori ragionamenti. La riforma di questa misura non sarebbe una "quota 41 per tutti", ma una nuova misura nella quale questo numero elevato di anni di contributi sarebbe da legare a un'età minima (requisito inesistente nella misura attuale) a 62 anni. I tecnici del ministero dell'Economia e delle Finanze sarebbero pronti a valutare questa possibilità, eventualmente anche a scendere di un anno sui contributi con una ipotetica quota 40.
Pensioni, come potrebbe prolungarsi la quota 100
C'è anche una possibilità di allungare la vita alle pensioni con quota 100 ma limitatamente a determinate categorie di lavoratori. In particolare, è Claudio Durigon a spingere per l'istituzione di un fondo nazionale per il prepensionamento a 62 anni unitamente a 38 di contributi riservato ai lavoratori delle imprese in crisi e a quelle in fase di transizione digitale e del verde. Secondo indiscrezioni, i tecnici del Mef vedrebbero con favore anche alla possibilità di questo fondo previdenziale ad hoc, ma anche in questo caso, con un numero più basso di contributi rispetto alla quota 41, l'età minima dovrebbe salire a 63 anni.
Proposte di pensione a 63 anni: la flessibilità in uscita di Tridico e Damiano
L'età di 63 anni è quella sulla quale si fanno altri ragionamenti di nuove formule pensionistiche. Come quella di Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, che già da tempo ha lanciato la sua proposta di scomposizione in quote dei lavoratori più prossimi alla pensione. L'ipotesi contempla l'uscita a 63 anni con la quota pensione calcolata con il contributivo, salvo attendere i 67 anni per vedersi accreditare anche la quota retributiva della pensione stessa. E alla stessa età, unitamente a 35 anni di contributi (37-38 per le mansioni non gravose) è la soluzione flessibile di Cesare Damiano.