Cellulari, Notebook, Smartphones e Tablets oggi sono diventati assoluti protagonisti della quotidianità delle persone a tutti gli effetti: basta andare in Giappone, dove nelle ultraveloci e futuristiche metro ogni singolo passeggero (o quasi) è assorto in un mondo digitalizzato ricreato da ognuno di questi dispositivi. Senza la presenza delle tecnologie più rilevanti a livello globale, un paese come il Giappone perderebbe, non totalmente, ma quasi, tutta la sua credibilità sociale in quanto proprio grazie alla sua affermazione attraverso tali mezzi ha potuto costruire nel corso di questi ultimi cinquant'anni la sua immagine ideologica nel globo terrestre.

Anche nei paesi europei come per l'appunto l'Italia, le nuove tecnologie e con esse i Social network, hanno creato da zero, una realtà prettamente a sè, che nostro malgrado, è intrinseca alla vita quotidiana di tutti i giorni.

Lo sviluppo scientifico, grazie alla base fornita dalla cibernetica negli anni '60, e il loro svilupparsi continuo ha formato nuove piazze virtuali dove permettere alle persone di interagire: scambiarsi i messaggi è nulla in confronto a quello che oggi è possibile fare, si passa dalla condivisione nel web di foto e video a creare gruppi veri e propri di utenti veri e propri. Tutto questo indubbiamente affascina, riesce in un certo senso a far comprendere quanto l'uomo abbia scavallato le "tappe" dell'essere sempre all'avanguardia, soprattutto nell'ambito della comunicazione.

Interessante è però riuscire a capire i limiti di tali mezzi e quanto questo "mix" di realtà vera e fittizia possa nuocere o quanto meno, essere di condizionamento per i gesti quotidiani e al nostro vivere in generale.

Nei primi anni del '900, vi erano delle convinzioni, considerate anche "grandi certezze", che non erano altro che il riflesso delle grandi ideologie del tempo: paradigmi sociali, correnti di pensiero, fulcro degli ideali e delle correnti di pensiero del momento, dove si poggiavano importanti fattori come la politica, l'economia, il sistema giuridico e la società.

Con il venire meno poi nel tempo dei confini geografici (vedi le due guerre mondiali e non solo), politici (il susseguirsi di governi e dinastie), linguistici (unificazione dei territori, lingue morte nel tempo) e comunicativi, non a caso stiamo proprio interessandoci di questi, si è andato in contro a una forma di disgregazione e ricomposizione della realtà fortemente condizionata dall'avvento dell'era digitale o ancor meglio 2.0.

A fianco di questo crollo rovinoso e ricomposizione c'è da registrare lo sviluppo della rete con stupefacente rapidità, intesa come struttura di comunicazione nel senso più ampio. Essa non ha solo attutito questa caduta di valori, ma in un certo senso ha fatto sì che ideali, significati, simboli, e naturalmente, le persone che li sostengono, non svanissero nell'oblio ma si polarizzassero in modo differente in quel grande cosmo sociosemiotico che è la rete. Sociologi come Michel Maffesoli e Zygmunt Bauman hanno studiato questo movimento di disgregazione e ripolarizzazione, conferendo importanti risposte a temi di particolare rilevanza, come quello della comunicazione moderna, osservando empiricamente quanto avvenuto al tessuto socioeconomico delle nazioni occidentali, con particolare attenzione ai fenomeni sociali metropolitani. La rete oggi come si dice, è diventata "pop", ossia particolarmente insita nella vita di tutti i giorni dei normali esseri viventi. Utile sicuramente, ma fino a che pro?