Già anni fa in una Olimpiade, come testimonial straordinario, era evidente la sua grave e lunga malattia degenerativa. Purtroppo è scomparso in queste ore per complicazioni,il grandissimo e leggendario Cassius Clay (o Muhammad Alì dopo la svolta mistica). È stato il più grande di tutti i tempi della Boxe mondiale, più volte campione del mondo, il vero “Re del Mondo” (come il suo film biografico di tempo fa). In un certo senso non ha mai perso il titolo, sconfitto soltanto dal Governo americano quando era ai vertici dello sport e della popolarità, solo perché rifiutò di farsi ammazzare in Vietnam, disertando l'arruolamento e perdendo il trono di campione del mondo.

La Boxe come danza

Ci permettiamo alcuni ricordi d'infanzia: ricordiamo ancora come fosse ieri, anni '60 e '70 del Novecento, il mitico Cassius Clay sul ring davanti alle vecchissime TV in bianconero. Clay era già la star dello sport, vincitore alle Olimpiadi Roma e poi campione del mondo. Era un artista, non combatteva ma danzava, mai visto un pugile del genere. Indubbiamente era anche potente, ma danzando sconfiggeva soprattutto psicologicamente gli avversari, campionissimi del pugilatoqualiSonny Liston, Frazier e Foreman. Li colpiva "ballando" come un marziano invisibile. Non a caso, Muhammad Alì è stato probabilmente il primo grande uomo di colore amato da tutti: anche i razzisti, in cuor loro, non potevano non ammirarlo.

Il Vietnam e il grande ritorno

Ricordiamo benissimo anche il suo ritorno sul ring per riprendersi il titolo, in realtà mai perso, ma sottrattogli dalle autorità politiche statunitensi. Clay aveva cambiato il suo nome in Muhammad Alìdopo laconversione musulmana (mai fanatica), avvenuta anche per legittima difesa rispetto all'ingiustizia subita.

Oggi una decisione del genere sarebbe impossibile: interverrebbero persino l'Onu e il Tribunale dell'Aja, con un atteggiamento rasente la xenofobia.

Clay, nel frattempo, era stato anche omaggiato dalla nascente era dei computer. Celebre fu un incontro virtuale simulato con Rocky Marciano. Per un pugile, stare fermo per anni per cause di forza maggiore rappresenta la fine della carriera: Muhammad Alì, al contrario, sia con Frazier che con Foreman riapparve ancora più forte fisicamente e sempre un "Nurejev dello sport".

I pur grandissimi rivali non ebbero scampo. Oggi inparadiso o nell'Eden islamico, certamente anche gli angeli saranno diventati tifosi della Boxe, anche i demoni lo ammireranno in gran segreto, ringraziando Iddio di averlo, giustamente, accettato nel Regno azzurro dei Cieli, altrimenti con un colpo e balletto dei suoi avrebbe domato pure le fiamme, mettendo Ko i dannati e spedendoli involontariamente nel limbo.

Clay trasformò uno sport come il pugilato, basato inevitabilmente sulla violenza, in arte, una metafora della psicologia umana profonda, quando la vita e la bellezza trionfano sulla morte e le cose brutte della natura umana. E come tutti sanno e dimostra anche la sua storia personale, il fuoriclasse statunitense fu un grande uomo di rara intelligenza e,al fianco di Martin Luther King e Nelson Mandela, storicamente è stato un vero e non banale antirazzista. Quando lo sport si sposa con i valori umani diventa veramente globale, mostrando la sua vera essenza. Cassius Clay resterà sempre Il Re.