Ogni calamità naturale che accade in Italia presenta sempre due facce. Da una parte c'è il momento della tragedia e dell'emergenza pura, quando il naturale spirito di solidarietà che alberga in fondo al cuore di ogni essere umano, e in particolar modo di noi italiani, si fa sentire senza alcun preconcetto e ripensamento. Questo sentimento spinge le persone a correre verso chi ha bisogno di aiuto, a dare tutto ciò che serve, a spendersi senza chiedere nulla in cambio. Questo è quanto è accaduto il 24 agosto, quando la notizia del terremoto che ha distrutto alcuni borghi del centro Italia (Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto) si è diffusa in tutta la penisola.
Fare del bene fa sempre bene?
Ma, passata l'ondata della commozione, salvato il salvabile e tornati ognuno alla propria quotidianità, le cose cambiano in modo radicale: è questo che sta accadendo in questi giorni, quando è trascorso poco più di un mese da quel fatidico 24 agosto. Non viene meno la solidarietà, solo che l'afflato spontaneo del cuore deve scontrarsi con una realtà che sembra fare di tutto per raffreddare ogni spinta del cuore. Emblematica è la vicenda di un allevatore di Amatrice che aveva ricevuto in dono una casetta di legno, al quale è Stato ingiunto di rimuoverla con l'accusa di abusivismo. A seguito delle polemiche che si sono scatenate, è intervenuto lo stesso sindaco di Amatrice sergio pirozzi, il quale ha spiegato che lo Stato non ha concesso deroghe rispetto alle leggi urbanistiche neppure in questa situazione di emergenza.
Il motivo sarebbe garantire una ricostruzione coerente, ed evitare speculazioni.
Lo Stato c'è o non c'è?
Ma quello che ogni cittadino percepisce è semplicemente la presenza di uno Stato vessatorio, che fa sentire la sua voce in ambiti assurdi, come ad esempio impedire ad una persona che ha perduto la casa di avere un riparo sulla testa per via di un'ottusa burocrazia, e che invece sparisce quando invece dovrebbe essere presente. Esemplificativo di questo secondo aspetto è l'atteggiamento che alcuni albergatori dell'entroterra piceno hanno assunto all'indomani del sisma. Anche se lo Stato riconosce loro 35 euro al giorno qualora accogliessero le persone sfollate, hanno deciso di non fare accoglienza.
Il motivo è semplice: temono che il rimborso promesso, che dovrebbe essere corrisposto nell'arco di 40 giorni, non arriverà mai. E purtroppo hanno molti motivi per credere questo.
La triste conclusione a cui si giunge è che i cittadini italiani sanno bene di essere soli davanti alla tragedia, specie la gente che vive in territori di montagna fino all'altro ieri completamente ignorati dalle istituzioni perché marginali. Ma la beffa più atroce è che non viene nemmeno concesso loro di fare quello che sanno fare meglio, rimboccarsi le maniche e lavorare sodo per ricostruire quanto hanno perso, con la scusa che "bisogna rispettare le regole". Peccato che in italia le regole non siano mai uguali per tutti.
La sfida che questa ricostruzione porta con sè, dunque, non è tanto la ricostruzione in sè, che è sempre possibile se sussiste una volontà retta e coerente, ma riguarda un mutamento profondo delle istituzioni, che una volta per tutte devono decidere quale ruolo recitare: quello del padre, o quello del padrone.