Secondo l'Istat la pressione fiscale, nel terzo trimestre, è migliorata di 0,2 punti percentuali su base annua, attestandosi intorno al 40,8% e quindi in calo rispetto allo stesso periodo del 2015. Anche il potere di acquisto delle famiglie è aumentato di 1,8 punti per cento su base annua, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,3%, mentre il rapporto tra il deficit e il Pil si è attestato al 2,1%, in diminuzione rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Inoltre, l'Istituto di Statistica rileva anche una lieve diminuzione della propensione al risparmio delle famiglie, che si attesta intorno al 9,3%, sempre in questo terzo trimestre rispetto a quello del 2015.

Alcuni di questi dati, pubblicati dall'Istat, potrebbero apparire positivi, in quanto l'Istituto non tiene conto di alcuni aspetti socioeconomici fondamentali, come ad esempio l'alto tasso di disoccupazione. Molte famiglie italiane sono costrette a mantenere i figli e addirittura anche i nipoti che non riescono a trovare un'occupazione, gravando sul reddito familiare con un abbattimento reale dello stesso di oltre 400 euro a famiglia.

Per quanto riguarda poi "l'allarmante" situazione della "deflazione", l'Istat rileva che è la prima volta che succede in Italia dal 1959 ad oggi e cioè che i prezzi hanno registrato una variazione in diminuzione dello 0,1% come media d'anno. E così come l'inflazione fa diminuire il potere di acquisto, allo stesso modo la deflazione lo fa aumentare.

Inoltre bisogna tener conto anche che, con l'introduzione dell'euro c'è stato in questi ultimi anni, un aumento dei prezzi ingiustificato e quindi l'abbassamento dovrebbe essere un fattore fisiologico.

Tutti sappiamo che l'inflazione è un aumento dei prezzi, quando il potere di acquisto resta invariato; al contrario la deflazione comporta una riduzione dei prezzi.

Questa diminuzione può essere causata o da una sovrabbondanza di offerta o da una diminuzione della domanda e credo che, attualmente, l'Italia sia interessata da entrambi i fattori.

Secondo economisti e banchieri, il calo dei prezzi produce un effetto devastante sull'attività delle imprese, sui bilanci e sui livelli occupazionali, in quanto produce l'aspettativa di ulteriori cali futuri e il rinvio degli acquisti.

E quindi una stagnazione economica. In realtà non è sempre così. In effetti la diminuzione dei prezzi del petrolio ha spinto verso il basso il livello di inflazione del paniere del settore energetico. E ciò nonostante non ci sia stata nessuna riduzione della domanda del settore energetico. E sappiamo che gli alimenti e l'energia, sono le due categorie in cui le famiglie spendono di più. Pertanto se le famiglie avessero avuto la possibilità di pagare di meno per questi prodotti, con i soldi risparmiati avrebbero potuto acquistare beni e servizi di altra necessità. Invece, purtroppo, tutto questo, e non si sa il perché, non è avvenuto.

Inoltre, malgrado il prezzo del petrolio abbia toccato i minimi storici, non è successo lo stesso per i carburanti.

Pertanto i grandi economisti e tutti quelli che studiano i fenomeni economici, dovrebbero prendersi un attimo di pausa e rivedere le loro teorie economiche e guardare soprattutto la realtà dei fatti.