Le squadre di calcio al giorno d'oggi sono paragonabili ad una qualsiasi impresa. Lo si nota dalla crescente influenza del settore finanziario ed economico nella loro gestione, rispetto alla situazione sportiva dei club. Pensate che, nella stagione 2015-2016 i primi 10 club europei avevano in media un fatturato superiore ai 400 milioni (fatta eccezione per la Juventus), mentre nel 2004-2005 il Real Madrid che all'epoca era la prima squadra al mondo per ricavi, ne aveva 275,7 e, quindi, in 10 anni il suo fatturato (ad oggi 620 milioni) e più che raddoppiato (fonte Deloitte, "Football Money League).

Quali sono i club più ricchi?

La squadra più redditizia è il Manchester United con i suoi 689 milioni, suddivisi in 137,5 per il Matchday (ovvero gli incassi derivanti dallo Stadio), 187,7 per i diritti televisivi e 363,8 dal settore commerciale. I Red Devils hanno superato chiunque in questa classifica grazie all'appeal del brand (valutato 1,551 miliardi, fonte da Brand Finance) e della Premier League. Ma se i ricavi sono cresciuti di circa il 74% in soli 5 anni anche i costi sono lievitati del 53%: su questi sicuramente hanno influito nell'ultimo anno gli acquisti di Pogba per 105 milioni ed un ingaggio di 13 milioni netti e 7 di bonus e di Zlatan Ibrahimovic con i suoi 13,7 milioni a stagione (cifre nette).

Perché queste cifre?

Oggi ci troviamo di fronte ad un mercato sempre più esasperato nella ricerca del colpo, non si spiegano altrimenti le ipervalutazioni di alcuni giocatori quali Belotti (valutato 100 milioni di euro, davvero tanti per un calciatore che, nonostante sia sicuramente un talento, gioca da sole due stagioni in serie A) o Mbappè (su cui circolano voci di offerte di oltre 120 milioni per un diciottenne alla sua prima stagione da titolare).

Cristiano Ronaldo nell'estate del 2009 fu pagato 94 milioni da Real, ma dopo aver vinto una Champions League, tre Premier League, un Pallone d'oro, una Scarpa d'oro e aver segnato 118 gol in 292 partite con il Manchester United. Sono cifre inverosimili, spinte dall'egoismo di procuratori sempre più ingordi (il caso Donnarumma potrebbe essere un esempio) e dai maggiori introiti delle squadre che spingono i giocatori a chiedere aumenti salariali sempre più frequenti.

Qual è la situazione in Italia?

L'Italia ovviamente è in difficoltà in questo "supermercato" perché non dispone della potenza economica per competere e lo dimostra la classifica della Deloitte in cui nei primi 20 club europei solamente 4 club sono italiani, ma tra questi solo la Juventus supera i 300 milioni (infatti l'affare più oneroso di sempre da parte di un team italiano è proprio della società torinese che la scorsa estate acquistò per 90 milioni Gonzalo Higuain). Ma se andiamo a vedere nella classifica dei trasferimenti più costosi nella storia, ne troviamo solamente uno inerente una squadra italiana ed è per l'appunto quello già citato del Pipita, mentre tre provengono dalla Premier League, quattro dalla Liga spagnola e uno dalla Super League cinese (Oscar, pagato 70 milioni dallo Shanghai).

Inoltre, di questi dieci trasferimenti, soltanto due risalgono a più di 5 anni fa, dimostrando come l'esplosione delle valutazioni sia un fenomeno recente.

Che cosa riserva il futuro?

Con l'ingresso dei capitali arabi, cinesi e americani probabilmente il calcio sarà sempre più dipendente dalle entrate non derivanti dalla gestione sportiva, ma extra-calcistica . Ogni anno vi è una rincorsa surreale al trasferimento più costoso di sempre. La speranza è che tutto ciò si fermi, ma non ci sono segnali di un'inversione di tendenza in tal senso. Forse l'introduzione di un meccanismo come il salary cap, vale a dire un limite massimo degli stipendi come nelle leghe professionistiche dei maggiori sport statunitensi, potrebbe fermare questa spirale al rialzo, ma difficilmente troverebbe il favore dei top club europei,. Non rimane altro che aspettare una marcia indietro, altrimenti questo processo rischia di fagocitare quello che una volta era soltanto 'il gioco più bello del mondo'.