Domenica 7 gennaio al teatro del Maggio Musicale Fiorentino andrà in onda la prima rappresentazione di una versione della Carmen di George Bizet completamente stravolta nella sua ambientazione e soprattutto nel finale: la protagonista, infatti, non muore pugnalata da Don José come previsto dalla trama originale e dal libretto di Meilhac e Halevy, ma si ribella e uccide per legittima difesa il suo aggressore che, peraltro, in questa versione diventa un poliziotto violento. Non solo, l’ambientazione non è più nell’Ottocento ma nel periodo contemporaneo, Escamillo non è più un torero, ma un rom che torna nel suo accampamento e, di conseguenza, i toreri sono sostituiti da zingari e le corride sono tramutate in sgomberi da parte dalle forze dell’ordine.

Finale stravolto "in omaggio alle donne"

Un’idea balzana messa in scena in nome di un politically correct e tesa ad evitare la chiusura del sipario con il pubblico che applaude dopo la morte di una donna, una scelta giunta dal sovrintendente del Maggio Fiorentino, Cristiano Chiarot, che secondo alcune fonti sarebbe stato addirittura ispirato dalle maestranze del teatro. Il regista, Leo Muscato, ha fatto il resto, contestualizzando l’opera all’inizio degli anni ’80 e stravolgendone soprattutto il finale.

Una scelta difficile da accettare e non solo da comprendere: l’intera opera, infatti, ruota intorno a Carmen, al suo rapporto duro e contrastato con Don José, alla sua scelta di lasciarlo quando viene affascinata dal torero Escamillo, al suo destino segnato.

Modificare il finale dell’opera non rende omaggio alle vittime del cosiddetto femminicidio (neologismo la cui unica utilità è quella di voler acuire nella percezione comune la gravità dell’omicidio di una donna, come se la morte di un uomo fosse meno grave; l’omicidio resta il più grave dei delitti, indipendentemente dal sesso della vittima), serve solo a evidenziare l’asservimento a una politica “di parte” e a una riscrittura della storia di cui non si avverte alcun bisogno.

In fin dei conti, l’edizione fiorentina della Carmen è solo uno schiaffo a George Bizet che, a suo tempo, lavorò mesi interi sulla partitura, sull’orchestrazione e persino sulla scelta dei cantanti per le prime rappresentazioni.

Altre ragioni dietro questa scelta?

Oppure, è eccessivo pensare a un tentativo di sollevare l’attenzione verso un Maggio Fiorentino che da tempo non trova più un riscontro adeguato al di fuori del capoluogo e della Regione?

Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, in un post su Twitter ha espresso tutta la sua soddisfazione perché “finalmente” prestigiose testate internazionali come il Times e il Telegraph hanno dedicato spazio al Maggio Musicale, anche se questo è accaduto solo per il cambio di finale della Carmen e non per il livello qualitativo delle opere messe in scena.

A questo punto cosa dobbiamo aspettarci dal Barbiere di Siviglia previsto in calendario per il prossimo marzo? Figaro che, chiamato a radere Don Bartolo, lo sgozza per impedire le sue nozze di comodo con Rosina, che potrà così sposare il suo amato Conte d’Almaviva rendendo inutili i giochi e gli intrecci della trama?

E in futuro? Una Traviata dove Violetta non muore di tisi, ma guarisce grazie alle moderne terapie per combattere la tubercolosi?

Un’Aida dove la principessa etiope e Radames non muoiono murati vivi, ma grazie ai loro smartphone collegati alla rete wi-fi permettono la loro localizzazione e sono salvati giusto in tempo per evitare una guerra tra Egitto ed Etiopia? E per cortesia, non mettete mai più in scena la Madama Butterfly, dove un Pinkerton dichiaratamente pedofilo si permette di sposare la geisha quindicenne Cho Cho-san solo per ripudiarla dopo un mese nonostante fosse incinta, tanto da spingerla al suicidio… ma probabilmente è pronta una nuova trasposizione contemporanea dove la giovane geisha non commette jigai, ma affronta con fierezza il suo futuro da ragazza madre single. Con buona pace di Giacomo Puccini.

In conclusione, già in passato abbiamo assistito a trasposizioni di opere classiche assai poco aderenti all'opera originale, accolte con poco favore dal pubblico.

Qualcuno forse ricorda lo sceneggiato televisivo "I Promessi Sposi", realizzato nel 1989 con la regia di Salvatore Nocita, fortemente criticato per scelte azzardate quali frasi espresse nello sceneggiato da personaggi diversi rispetto al romanzo di Alessandro Manzoni ("A chi la tocca la tocca", per esempio, viene detto da Don Abbondio e non da Tonio) o per la sequenza del duello con protagonista il futuro fra Cristoforo, più adatta a un film di cappa e spada che all'idea dell'opera originale. Di conseguenza, per favore, chiamatela come volete, ma non "Carmen".