Durante il corso dell’ultimo anno, grazie anche al reportage del New York Times, è stato trattato un argomento ignorato e fatto ignorare all’opinione pubblica per parecchio tempo: la fabbrica di bombe della RWM, controllato dalla tedesca Rheinmetall, sita a Domusnovas (CA). La Sardegna è il punto di partenza (generalmente dall’aeroporto civile di Elmas) degli armamenti per rifornire la coalizione araba che combatte gli sciiti yemeniti.
Sono state molte le manifestazioni da parte della popolazione della Sardegna, stanca di essere complice di un genocidio (quello del popolo yemenita da parte dell’ Arabia Saudita) che si protrae ormai da quasi 3 anni (il 25 marzo 2015 il primo intervento della Lega Araba) e che vede le forze occidentali tacere e chiudere gli occhi davanti a migliaia di civili, tantissimi bambini, torturati e uccisi dalle bombe Made in Sardinia.
Non tutti sono d’accordo con la chiusura della fabbrica di morte. Subdolamente, negli anni, si è fatto in modo che il territorio circostante la RWM si convincesse che l’indotto creato dalla costruzione di bombe fosse fondamentale per il benessere della popolazione.
Forte di questo sostegno, durante l’ultima settimana, la RWM ha minacciato la Regione Sardegna, attraverso le dichiarazioni dell’amministratore delegato Fabio Sgarzi. Il quale sostiene che non sarà possibile nessuna riconversione (come invece chiesto ad alta voce da buona parte dell’opinione pubblica) e anzi, l’alternativa pare essere una sola: la chiusura della fabbrica e il licenziamento dei dipendenti.
Questo procedimento di ingrandimento della fabbrica è in seno già da mesi, ma solo ora sono stati svelati i dettagli del progetto per la “realizzazione del nuovo campo prove R140” tra i comuni di Domusnovas e Iglesias.
Nel progetto si chiede la delimitazione di un terreno, di proprietà della RWM, per effettuare prove di lancio delle bombe destinate al commercio.
La Regione Sardegna, governata da Francesco Pigliaru, come di norma e come fatto dai governatori precedenti, tace e non oppone resistenza davanti alle prepotenze di chi si dice portatore di lavoro e quindi benessere, ma che nella realtà si riconosce per essere esportatore di guerra, morte e distruzione.
Come sempre in questi casi, vengono difesi a spada tratta gli interessi di pochi (sempre i soliti) a danno di una comunità e delle popolazioni che subiscono la violenza devastatrice di governi spregevoli, con il solo intento di depredare e arricchirsi delle risorse che in quel territorio si trovano.