Bene i colloqui con la Corea del nord, ma ricordiamoci che Kim Jong Un forse possiede già la bomba elettromagnetica: dobbiamo difenderci. Lo afferma l'ex ammiraglio degli Stati Uniti James Stavridis in un editoriale sul sito Bloomberg View. Stavridis è stato comandante della Nato ed è decano della Scuola di Legge e Diplomazia della Tufts University (nel Massachusets).

“I circoli diplomatici – scrive l'ex ammiraglio – si beano di ottimismo mentre si avvicina il proposto incontro tra il dittatore coreano Kim Jong-un e il presidente Donald Trump. E invero Trump fa bene a sedersi al tavolo dei negoziati coi nord-coreani per una piena denuclearizzazione”.

Eppure, avverte Stavridis, data la lunga storia di doppio gioco, sfacciate menzogne e produzione surrettizia di armi di distruzione di massa, la probabilità che Kim rinunci davvero alle sue atomiche “è estremamente bassa, non importa quanto afferma in pubblico”.

E la cosa preoccupante, dice l'ammiraglio, non è solo che potrebbe lanciarne qualcuna su Honolulu o su Seattle: “Dobbiamo anche considerare la capacità che ha la Corea del Nord di farne esplodere una o due ad alta quota sopra gli Stati Uniti continentali allo scopo di provocare una devastante esplosione di energia chiamata impulso elettromagnetico”. Anche se gli aspetti scientifici degli EMP (Electro Magnetic Pulses) non sono esattamente conosciuti, anche per la ovvia impossibilità di test su larga scala, ci sono un sacco di evidenze secondo le quali potrebbero costituire una minaccia reale, soprattutto trattandosi della Corea del Nord.

L'improvviso e potente shock elettromagnetico di un EMP potrebbe provocare enormi danni all'America: “dai vostri iPhone fino all'intera rete elettrica degli Stati Uniti. Come se migliaia di fulmini colpissero ogni casa e fabbrica d'America”.

E1, E2, E3: l'Armageddon

L'ex ammiraglio avverte che un tale impulso (chiamato E1) potrebbe compromettere i “sistemi di controllo e di acquisizione dati” dai quali dipende il mondo sviluppato: si tratta per esempio di impianti di produzione, per il trattamento delle acque, dei sistemi HVAC (Heating Ventilation and Air Conditioning), e di molte altre cose che diamo per scontate.

Subito dopo avremmo un impulso E2, che sarebbe di minore potenza e che durerebbe solo un microsecondo: anche questo, però, sarebbe capace di provocare danni significativi, soprattutto perché il primo impulso avrebbe cancellato tutti i sistemi di protezione.

A seguire ci sarebbe un impulso E3 che colpirebbe la rete elettrica.

E1 ed E3 potrebbero provocare un blackout elettrico in larghe zone della nazione “per settimane, mesi o anche per un anno o due”.

Pareri discordanti

La probabilità di tutto questo? Si sono fatti degli studi, ricorda Stavridis, “ma non c'è accordo sulle potenziali dimensioni degli effetti”. Alcuni analisti sostengono che un EMP non sarebbe così catastrofico come si legge per esempio nel romanzo “One Second After”, che racconta di un'America messa in ginocchio. Altri che nessuno si azzarderebbe mai a provarci, dato che la risposta americana sarebbe immediata e devastante.

Meglio non correre rischi

“Magari gli scettici hanno ragione – avverte Stavridis – ma date le conseguenze potenziali di un EMP, possiamo correre il rischio?

Se la Corea del nord ha già questa capacità o se ci è vicina, a maggior ragione ci si deve impegnare fortemente al tavolo delle trattative”.

Secondo l'ammiraglio ci sono misure militari che gli Stati Uniti possono adottare anche mentre è in corso la trattativa diplomatica: intanto rafforzare i sistemi chiave, a cominciare dai missili balistici intercontinentali. E poi la rete elettrica, gli acquedotti, i sistemi di trasporto, le reti mediche e finanziarie e così via. Il costo sarebbe sull'ordine dei miliardi, dice l'ammiraglio, ma queste misure renderebbero gli Stati Uniti più sicuri anche nel caso di EMP di origine solare, che capitano ogni secolo o due.

In secondo luogo accrescere le difese balistiche contro un deliberato attacco EMP.

Terzo, gli Stati Uniti dovrebbero mettere in atto sistemi in grado di disabilitare i missili a lungo raggio nemici attraverso mezzi non cinetici, come per esempio la guerra cibernetica (corrompere i sistemi informatici del nemico) o le contromisure elettroniche.

Infine, puntare l'attenzione sullo spionaggio e suoi sistemi basati nello spazio, allo scopo di individuare movimenti dei sistemi di lancio o attività pre-lancio o il lancio medesimo e poi tracciare le minacce in arrivo.

Conclude Stavridis: “Speriamo tutti che la primavera porti a un disgelo nelle relazioni Stati Uniti-Nord Corea, ma una rondine non fa primavera, come si dice. Dobbiamo essere pronti a un altro duro inverno, se fallisce la diplomazia”.

Cos'è un EMP

Un impulso elettromagnetico successivo a un'esplosione atomica fu osservato per la prima volta durante i test nucleari della serie Fishbowl, condotti dagli Stati Uniti all'inizio degli anni Sessanta. Si trattava di esplosioni nucleari nell’alta atmosfera: si notò che durante queste esplosioni si verificava un forte impulso elettromagnetico che si propagava in tutte le direzioni come fosse un'onda d'urto, provocando malfunzionamenti di svariati apparati elettrici ed elettronici anche a grande distanza.

I rapporti più completi furono stilati sugli effetti che ci furono nelle isole Hawaii in occasione del test Starfish Prime, che consistette nell'esplosione a 400 km di quota di una testata da 1,4 megatoni (9 luglio 1962). Si verificò che gli effetti EMP si erano prodotti fino a oltre 1300 km di distanza.