Dal 18 al 20 aprile si è svolta a Firenze la seconda edizione della Fiera Didacta Italiana. Si tratta dell'evento fieristico più importante d'Italia incentrato sulla Scuola. Tema portante la presenza della tecnologia nel mondo scolastico, da qui la denominazione data all'evento: “La scuola si deve aggiornare: nuove tecnologie e nuovi metodi”. Come noto circola sempre di più un desiderio di rinnovamento della scuola che va supportato sia con delle adeguate riforme (come sottolineato anche dal ministro Bussetti) sia da un miglioramento legato all'utilizzo della tecnologia (di recente anche Riccardo Tavola di Acer, azienda impegnata nello sviluppo delle competenze informatiche degli studenti italiani, ha sottolineato la volontà del comparto di venire incontro alle esigenze del mondo scolastico con sempre più soluzioni).
Quella legato allo sviluppo della tecnologia non può però essere la sola via da seguire.
L'#innovazione nella #scuola non passa solo attraverso l'introduzione di strumenti tecnologici. La vera rivoluzione è portare nei nostri Istituti tecniche e metodologie didattiche innovative. #Didacta2018 offre molte buone pratiche da far conoscere. pic.twitter.com/W0U6MaPrLe
— Marco Bussetti (@bussetti_marco) 18 ottobre 2018
Scuola 2.0
Sicuramente l’innovazione deve innanzitutto passare, lo afferma implicitamente lo stesso ministro dell'Istruzione, attraverso un rinnovamento radicale dei mezzi di sostegno alla didattica. Si parla di scuola 2.0: le tradizionali lezioni frontali vengono supportate, se non sostituite quasi del tutto, dai nuovi supporti offerti dalla tecnologia.
Sono, quindi, libere le lavagne tradizionali e ritenuti poco appetibili i libri di carta; ben accette, invece, le LIM (lavagne interattive multimediali), i tablet, i monitor, la connessione internet e persino i cellulari che fino a poco tempo fa non potevano entrare in aula.
Non più uno zaino pesante pieno di libri, all'interno basterà portare un pc portatile, ancora meglio un tablet.
Gli studenti, tramite app dedicate, avranno a disposizione non solo libri in formato digitale ma anche materiale didattico: slide delle lezioni o dispense in aggiunta alla manualistica.
E ancora, in quest’ultimo periodo è stato introdotto il registro elettronico: studenti e docenti entrano in aula, mezz’ora di tempo per connettersi, fare l’appello online, qualche giustificazione, quel che resta per la lezione e il tempo è finito, suona la campanella.
A voi la riflessione.
Che dire, la scuola sta lasciando pian piano lo spazio fisico per approdare al mondo digitale: il mondo social, il mondo cloud. Dove tutto apparentemente accelera (ma forse, a ben vedere, rallenta), dove tutto e tutti siamo “iperconnessi”.
Nuovi mezzi, nuove tecniche
Con l’arrivo dei nuovi mezzi è doveroso adattare ed evolvere tecniche e metodologie pedagogiche. Lo studente entra in classe e il professore, una volta collegato il tutto, proietterà le slide o le dispense sulla LIM; gli studenti dal canto loro potranno seguire il manuale sul cloud attraverso il tablet.
Questo il processo di aggiornamento: la tradizionale lezione frontale, tenuta dal professore, viene quasi del tutto surclassata dai media.
Il professore era chiamato a spiegare gli argomenti del manuale, ora a spiegare sono le slide e le dispense. E il professore ha il compito di “leggerle”. Non più una lezione frontale ma "iperconnessa".
Uno scenario possibile
E allora che fine farà la didattica? Quale sarà il luogo della scuola? Facciamo un excursus breve per poter meglio comprendere un possibile scenario della scuola futura. Un tempo l’insegnante seguiva uno studente alla volta. L’insegnante parlava e lo studente acquisiva nozioni. Nella scuola articolata in classi, la cui definitiva affermazione è più recente della coppia precettore-allievo, l’insegnante spiegava e dava i compiti; lo studente, in classe, prendeva appunti e poi studiava a casa il manuale.
E ora? Lo studente non ha più la necessità (e l’impegno mentale) di prendere appunti: ci sono le slide o le dispense online, tutto preconfezionato. Il professore parla, ma poi lo studente dove studierà? Sulle slide o sul manuale online? Perché, a questo punto, non fare lezioni telematiche? Molto meno dispendioso. Docente a casa e studente a casa, diamo il via a una videochat di classe e il gioco è fatto.
I media e l’influenza nella didattica
Ma “il medium è il messaggio”, affermò Marshall McLuhan, padre della moderna scienza delle comunicazioni di massa. Questa celebre frase sta ad indicare, semplificando, che il medium stesso che viene usato per divulgare un messaggio costituisce, lui in primo luogo, il messaggio.
I media non sono neutrali, i media influenzano il messaggio che si vuole trasmettere. Per intenderci: un messaggio trasmesso tramite Youtube o per televisione avrà strutture diverse e arriverà al destinatario in modo differente. Quindi un insegnamento trasmesso tramite un medium elettronico arriverà allo studente in modo diverso da come gli sarebbe provenuto da una lezione tradizionale.
Recenti studi hanno dimostrato che lo smartphone in primo luogo, ma pure tutte le tecnologie connesse ad internet, catturano l’attenzione della gente, la monopolizzano. E fanno di più: tendono a compromettere il funzionamento stesso dell’attenzione poiché annullano, scatenando una pioggia continua di stimoli, i tempi di pausa, essenziali per la concentrazione, l’apprendimento e il formarsi della memoria strutturata.
Di conseguenza lo studente nella scuola 2.0, oltre a faticare a non distrarsi normalmente dalla lezione, dovrà ancor più faticare per non farsi rubare l’attenzione dalle tecnologie a supporto della didattica. E dovrà lottare per concentrarsi e capire ciò che gli viene proposto.
La scuola 2.0 rappresenta effettivamente uno sviluppo positivo della didattica? È veramente necessario adattare la didattica ai nuovi strumenti che, in sé considerati, favoriscono la distrazione e diminuiscono la capacità di attenzione e apprendimento? Questo nuovo governo che intenzioni ha?
Preoccupiamoci invece che gli studenti abbiano la possibilità di essere seguiti da docenti qualificati. E che questi ultimi mantengano autentica libertà d’insegnamento, compresa la libertà di scegliere gli strumenti didattici ritenuti più idonei. Non possiamo semplicemente rincorrere la tecnologia, dobbiamo imparare a controllarla.