"Superlega si o no? Questo il dilemma". Parafrasare un verso di shakespeariana memoria pare particolarmente adatto in quella che rischia di diventare una tragedia, soprattutto se si dovesse arrivare alla rottura tra i 12 club fondatori del nuovo torneo e i vertici del calcio continentale. Ognuno ha le proprie ragioni: da sportivi è abominevole pensare a una sorta di élite del calcio europeo senza alcun criterio meritocratico, anche se la moderna Champions League sta lentamente, ma inesorabilmente scardinando qualunque criterio in tal senso. Da investitori basta guardare i titoli di borsa di alcune società coinvolte nel progetto per sorridere.
Oltretutto società in crisi di liquidità, è il caso dell'Inter, ma anche della Juventus e del Barcellona alle prese con bilanci da 'sprofondo rosso', potrebbero in un colpo solo risolvere i propri problemi.
Superlega anticrisi: un 'bluff' secondo alcuni
Perché la Superlega, comunque vada a finire, è un modo estremo per risolvere la crisi che attanaglia il mondo del calcio. Secondo la Gazzetta dello Sport potrebbe trattarsi di un bluff, lo "sfoggio muscolare del battesimo annunciato, con tanto di copertura (si fa per dire) economica di JP Morgan, potrebbe in realtà nascondere un tentativo di trattare, in pratica chiedere più soldi, con l’Uefa da una posizione di forza". Forse non è lontana dalla realtà.
Finora sappiamo solo i nomi dei fondatori che comprendono tre club italiani (Juventus, Inter e Milan), tre spagnoli (Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid) e tre inglesi (Arsenal, Chelsea, Liverpool, Manchester City, Manchester United e Tottenham). Abbiamo inoltre letto la posizione assolutamente granitica di Uefa e Fifa: "Chi aderisce è fuori" con le federazioni nazionali (almeno questo sembra l'indirizzo della Figc) che si atterranno alle decisioni intraprese dai vertici internazionali.
I vantaggi per i club
Ma in 'soldoni', quali sono i vantaggi dei club che hanno dato vita a quest'iniziativa. Per le tre società italiane sono evidenti: la Juventus è alle prese con una situazione di bilancio molto critica che si è palesata in occasione degli ultimi esercizi finanziari; l'Inter ormai tiene banco da mesi oltre che per motivazioni agonistiche, anche per quelle economiche.
Il Milan prima o poi dovrà far fronte alla fuoriuscita del Fondo Elliott dall'investimento. Stando alle notizie, il colosso bancario Usa JP Morgan garantirebbe un investimento di sei miliardi di dollari di cui quattro immediatamente ed è indubbio che sarebbe una salutare boccata d'ossigeno. L'Inter, ad esempio, potrebbe restare in mano agli attuali proprietario o, almeno, la famiglia Zhang potrebbe rimandarne la vendita in attesa di tempi migliori sfruttando i ricavi della Superlega e alzando ulteriormente il valore del club. Ma non è un discorso che riguarda esclusivamente i club italiani: il Barcellona attualmente avrebbe un debito di circa un miliardo. Ci sono però alcuni top club europei che sembrano essersi opposti al progetto, tra questi il Bayern Monaco che, però, a differenza delle società citate, è un modello gestionale difficilmente imitabile nel mondo e gode di partnership economiche con giganti come Adidas e Allianz oltre ad essere 'corteggiato' da aziende come Bmw o Volkswagen.
Similitudini: l'Eurolega di basket
Il popolo social è variegato. Ci sono i 'tradizionalisti' o 'nostalgici' che gridano all'orrore, i 'modernisti a tutti i costi' che l'hanno già benedetta come 'cosa buona e giusta' (specie nel caso in cui i colori del cuore siano quelli di una delle squadre coinvolte) e poi ci sono i 'trendisti', quelli che prendono spunto da ogni trend topic per sfoggiare la loro conoscenza sull'argomento: non accade solo con il calcio. Citano gli 'esempi lungimiranti' della Nfl e della Nba, senza comprendere o conoscerne nulla in proposito, in una sorta di inseguimento all'americanizzazione a tutti i costi, peraltro lontana dal mondo del calcio e dall'Europa in generale. In realtà, senza scomodarsi ad attraversare un oceano, qualcosa del genere accadde nel 2000 nel basket europeo, alla guerra tra Uleb e Fiba Europe che portò alla nascita dell'attuale Eurolega.
Fu talmente surreale che nel 2001 portò alla proclamazione di ben due squadre campioni d'Europa, poi fu inevitabile trattare tra le parti belligeranti ma la Uleb era in posizione di netto vantaggio e la Fiba alla fine ha dovuto chinare il capo: l'elitaria Eurolega oggi rappresenta una prosecuzione del vecchio torneo continentale.
Le ragioni dell'Uefa
Tornando al calcio e visto che il dado è tratto, bisogna vedere come si comporteranno gli altri giocatori di questa delicatissima partita. Uefa e Fifa, come già detto, si sono duramente opposte alle rimostranze dei club 'carbonari'. Tra i motivi, oltre al palese strappo che nessuna federazione può accettare di buon grado, c'è ovviamente il format elitario della competizione che non convince e finirebbe per trasformare in 'cadetteria' qualunque altro torneo.
C'è quello di un calendario davvero fittissimo di impegni che metterebbe ulteriormente a rischio l'attività delle nazionali. Però anche l'Uefa avrebbe potuto evitare di dar vita a manifestazioni di cui nessuno sentiva il bisogno come la Nation League e, in una situazione complessa come quella attuale con una pandemia in corso, far slittare almeno di un turno i match di qualificazione ai Mondiali 2022, cosa che ad esempio è stata fatta dalla Conmebol in Sudamerica. Ma più di ogni altra motivazione, quella che ha fatto venire un diavolo per capello ai vertici del calcio continentale è il rigetto del nuovo format della Champions League sul 'modello svizzero' che, a quanto pare, ha convinto poco.
Senza contare che ci sono in ballo i soldi delle pay tv per il prossimo triennio di Champions League che, in presenza di una Superlega, finirebbe davvero per perdere valore. Il muro contro muro è servito, se da un lato l'Uefa rischia, dall'altro ci sarebbe anche il blocco per i calciatori dei club ribelli di prendere parte a Europei e Mondiali (visto che anche la Fifa è solidale con l'Uefa in tal senso). Queste sarebbero le conseguenze di una guerra che non gioverebbe a nessuno.