Così uguali e così diversi, i leader dei tre maggiori partiti italiani si ritrovano accomunati da un minimo comune denominatore: tutti e tre non fanno parte del Parlamento. Chi per un motivo chi per un altro, il dato anomalo nella storia della Repubblica italiana sta appunto nel fatto che i condottieri se ne stanno comodi comodi al di fuori del campo di battaglia, come alcuni "capitani coraggiosi" romani, mentre i soldati eseguono pedissequamente controversi e schizofrenici ordini all'interno del catino parlamentare.
Matteo Renzi dall'alto della sua spregiudicatezza di nemmeno quarantenne della politica sta progressivamente abbandonando l'istintività tipica giovanile, dissolvendo entusiasmi ed erodendo simpatie con una eccessiva esposizione mediatica, minuziosamente curata negli ambienti, negli interventi e nei palinsesti, con una pignoleria metodica di "berlusconiana" memoria.
Il nuovo timoniere del centrosinistra parla di tutto e interviene su tutto, attirando la critica ironica di chi insiste a rappresentarlo come un Fonzie tuttologo in jeans e giacca di pelle, ma anche di chi, forse con una punta di invidia, continua a tacciarlo di inesperienza e di sostanziale sognante inconsistenza.
Di Beppe Grillo altro non possiamo dire che lui stesso o la desolante azione dei pentastellati in parlamento non abbia già descritto a sufficienza, adesso lo troviamo a cavalcare la spontanea protesta dei Forconi, dopo aver chiesto le dimissioni di Napolitano, le dimissioni dei deputati a suo dire illegittimati dalla sentenza della consulta sul porcellum, le dimissioni del Presidente del Consiglio e dei ministri, le dimissioni di parte dei suoi deputati, e chi più ne ha più ne metta.
Ma proposte e programmi? Non pervenuti. Il buon vecchio Andreotti era solito dire: "A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina".
Silvio Berlusconi veleggia ormai verso gli otto decenni di una vita vissuta al massimo, con quella smania di essere sempre e comunque il numero uno che non sembra ancora essersi placata, anche se sinceramente lo vediamo veramente un po' fuori luogo in un eventuale scontro per la premiership contro Matteo Renzi, in una gara senza partita dal sapore del nonno contro il nipote.
Il tutto naturalmente in uno scenario immaginifico e al netto di sentenze e controsentenze, revisioni e procedimenti penali antichi e nuovi. Tuttavia il suo appeal non sembra scalfirsi e come un'infinita plastica facciale sembra adeguarsi e trasformarsi per arringare e guidare vecchi, ma anche nuovi, fedelissimi sostenitori. Miracoli della misteriosa, indecifrabile politica italiana.