E' stata evitata la sua uscita dall'eurozona, ma la Grecia non può ancora dirsi salva. Al termine della maratona di 17 ore, il vertice più lungo che la storia europea ricordi, non sembrano esserci né vincitori né vinti, ma soltanto un Paese, la Grecia, costretta a condizioni durissime all'insegna di un'austerità mai così tangibile, e un premier, Tsipras, che ha dovuto affrontare la realtà e mandarne giù l'amara consistenza. Boccone senz'altro indigesto, e impegnativo: la palla passa ora al Parlamento, suo il compito di approvare sei riforme entro la settimana, tra cui Iva e pensioni.

Syriza è già spaccata, e Tsipras, l'"uomo nuovo" della rivolta contro i poteri forti, rischia di invecchiare in fretta.

Il "catalogo delle atrocità"

Così il settimanale tedesco Spiegel ha definito il pacchetto di misure previste dai creditori. Un pensiero in linea con quello dei massimi media europei, Guardian in testa, che esce nelle edicole del Regno Unito titolando: "L'europa si vendica di Tsipras", mentre il francese Liberation si chiede: "A che gioco sta giocando la Germania?". Angela Merkel dal canto suo precisa che quello di cui si va discutendo è un accordo per attuare un piano di aiuti da 86 miliardi in tre anni, erogati dall'Esm, il fondo salva-stati. Ma entro mercoledì il Parlamento greco dovrà aver già approvato le riforme concordate con i creditori: solo allora partirà l'intervento dell'Esm.

Sei le riforme attese, tra cui due irrinunciabili capisaldi, la modifica delle aliquote Iva e del sistema pensionistico, con l'abolizione delle baby-pensioni.

I creditori hanno richiesto la creazione di un fondo di asset greci, per raggiungere il valore di 50 miliardi di euro: questi serviranno a ripagare il pacchetto di aiuti, in pratica un piano di privatizzazioni forzato.

La troika quindi rinsalda il suo trono, e lo fa ricordando ad Atene, che per qualche tempo aveva dimenticato quanto stretto potesse essere il suo giogo, che questa dovrà "consultarsi ed accordarsi con le istituzioni europee su tutti i disegni di legge nelle aree sensibili, con il giusto anticipo prima che queste vengano sottoposte all'attenzione pubblica o al Parlamento".

Guerra in patria per Tsipras

Alexis Tsipras finisce sotto il fuoco amico appena dopo la firma dell'accordo con i creditori europei: ad attaccarlo è nientemeno che il suo ex braccio destro Yanis Varoufakis, che ci tiene a far sapere che aveva "un piano" per il dopo-referendum, ma Tsipras "ha scelto di non sfidare i creditori". Il leader dei nazionalisti di Anel, alleati di Syriza, e ministro della Difesa Panos Kammenos segue a ruota l'ex ministro delle Finanze centauro, annunciando che il suo partito non sosterrà il governo. Il futuro di Tsipras è coperto da un'indecifrabile foschia.