Quasi tutte negative le reazioni all’approvazione da parte della Camera, dopo la ripresa dei lavori parlamentari, del ddl di riforma del sistema penale, che contiene anche la discussa delega al Governo sulle intercettazioni.
I più critici sono i giornalisti, che tornano a parlare di “legge bavaglio”, ma anche i magistrati, dopo la recente modifica delle norme sulla responsabilità civile, si sentono nuovamente sotto attacco. Particolarmente invise all’Anm (associazione nazionale magistrati) sono le norme che prevedono tempi certi e stretti per chiedere il rinvio a giudizio dell’imputato, o l’archiviazione del procedimento penale a suo carico, nonché l’obbligo di immediata iscrizione al registro degli indagati.
Ma il capitolo più controverso resta quello della pubblicazione delle intercettazioni, anche a causa della genericità della legge delega.
In attesa del passaggio al Senato, vediamo quali sono le norme più discusse introdotte dall’annunciata riforma.
Giro di vite sui c.d. reati predatori
Inasprimento delle pene, peraltro già in passato rivelatosi inefficace, per furto, rapina e scippo, e cioè per i reati che destano oggi particolare allarme sociale. In particolare, aumenta la pena minima per il furto in abitazione (da 3 a 6 anni), per il furto aggravato (da 2 a 6 anni) e la rapina (da 4 a 10 anni). Pene in aumento anche per il voto di scambio politico-mafioso (da 6 a 12 anni). Qui il dubbio è che si tratti di norme spot, più che di un intervento realmente utile a rafforzare la funzione deterrente della legge penale.
Nuova causa di estinzione del reato
Si introduce una nuova causa di estinzione del reato in dipendenza della condotta riparatoria dell’imputato intervenuta prima dell'inizio del dibattimento. La portata limitata di questa previsione, circoscritta ai reati procedibili a querela di parte, induce a dubitare della sua reale capacità di ridurre il carico della giustizia penale.
I reati di minore offensività, comunque, non saranno più procedibili d'ufficio, salvo che la vittima non sia persona incapace.
Stretta sui tempi di indagine e più diritti alla persona offesa
Il Pm dovrà chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione entro 3 mesi (prorogabili di altri 3 mesi) che decorrono dalla scadenza formale degli atti di indagine, tranne che per i delitti di mafia e terrorismo in relazione ai quali il termine è di 12 mesi.
Termini che l’Anm bolla come irrealistici. In caso di inerzia è prevista la possibilità di avocazione da parte del procuratore generale. La mancata tempestiva iscrizione nel registro degli indagati può essere sanzionata in via disciplinare. Il ddl penale riconosce il sacrosanto diritto di conoscere entro tempi certi (6 mesi dalla denuncia/querela) lo stato del procedimento penale che lo interessa e tempi più lunghi per opporsi all’eventuale richiesta di archiviazione. Lascia, però, perplessi che analoghi diritti non siano stati simmetricamente riconosciuti all’imputato.
Intercettazioni e registrazioni tra privati
Delega, praticamente in bianco, al Governo di rivisitare le norme sulla pubblicazione delle intercettazioni.
Si stabilisce il discutibile principio del divieto della pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell’indagine penale in corso, anche quando le stesse siano comunque di rilievo per l’opinione pubblica. Questo cambiamento fa gridare all'attentato al diritto di informazione. Cade l'ipotesi di un'udienza filtro destinata alla selezione del materiale pubblicabile. Rischia, infine, una pena fino a 4 anni chi effettua una registrazione fraudolenta, fatti salvi il diritto di difesa e quello di cronaca.