Nuovo colpo di scena su Vicenzo De Luca, presidente della Regione Campania. Dopo la sentenza di gennaio, ora la Procura di Roma ha aperto un’indagine perché potrebbe esserci stato un reato di corrotto con Anna Scognamiglio, uno dei giudici che ha accolto il ricorso contro la sospensione dall’incarico.

Un nuovo caso giudiziario che prende le mosse dalla recente riforma varata dal Parlamento in tema di reati contro la pubblica amministrazione. Lesfumature della vicenda sono varie e influiscono anche sul Partito Democratico - ancora indebolito dallo scandalo di Ignazio Marino a Roma – e sul presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

La nuova normativa

Per Consolato Minniti, capo servizio del quotidiano Il Garantista, di Reggio Calabria,il nuovo episodio che coinvolge De Luca si concentra sul reato di corruzione per induzione, previsto e punito dall'articolo 319 quater del codice penale. “Tale formulazione - spiega il giornalista esperto di materia giudiziaria - prevede che ‘il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai suoi doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni’. Questo primo comma, come si può ben comprendere, riguarda in questo caso la posizione del giudice Scognamiglio che, secondo la tesi della Procura di Roma, avrebbe anche minacciato De Luca, oltre a far pervenire la richiesta - tramite il marito - di far ottenere a quest'ultimo un incarico nell'ambito sanitario”.

Sulla base di questo, perché il governatore entra nell'inchiesta da indagato?

Minniti spiega che per il secondo comma dell'articolo 319 quater, che prevede come pure “chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni”. Dunque, “adesso non viene punito soltanto chi minaccia o abusa, ma anche il cosiddetto ‘concusso’, il quale avrebbe ben potuto agire, denunciando tutto alla magistratura, ed invece non l'ha fatto. Questo comportamento omissivo ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di De Luca”.

Verso le dimissioni?

Di fronte a questa nuova faccenda, dovrebbe De Luca dimettersi?

“Siamo ancora nella fase delle indagini preliminari. Non essendoci delle evidenze talmente palesi, circa la responsabilità penale di De Luca, non ritengo sia necessario dimettersi. Si può essere sottoposti ad un'indagine ma riuscire a chiarire in breve tempo la propria posizione, senza l'obbligo di lasciare l'incarico”, sostiene Minniti.

Effetti su Renzi

In termini politici, invece, quello che sta succedendo potrebbe non aiutare l’immagine del presidente del Consiglio. “Tutto questo baccano giudiziario non aiuta certo Renzi che, lo ricordiamo, aveva sostenuto la candidatura di De Luca alle regionali campane. Prima la questione afferente la sospensione ai sensi della legge Severino, adesso questa nuova grana: non si può certo dire che la scelta di De Luca abbia giovato al premier”, dice Minniti.

E il Pd…

Forse la nuova bufera contro De Luca non schizza sul Partito Democratico. “La vicenda s’incentra tutta sulla figura del governatore e, da quel che traspare in queste prime giornate, sul suo staff”, ricorda il giornalista. “Tanto che uno dei collaboratori storici ha già dato le dimissioni.

Di sicuro un'indagine del genere non fa bene all'immagine del Pd e dà la sensazione che davvero non vi sia alcuna differenza significativa fra ‘destra’ e ‘sinistra’, sebbene tali classificazioni siano ormai fattualmente superate – conclude Minniti-. Ne potrà trarre un grande vantaggio il Movimento 5 Stelle che, in caso di nuove elezioni, potrebbe tentare il colpaccio. Del resto, essere al potere è molto più complicato che stare all'opposizione. E il Pd lo sta scoprendo a sue spese”.