Dalle riforme costituzionali alla Pubblica Amministrazione. Il governo ha fretta di chiudere i giochi e di arrivare alle elezioni amministrative con una immagine nuova e palpabile delle istituzioni. Piaccia o non piaccia Matteo Renzi è riuscito fino a oggi in quello per cui tanti politici - anche ben più navigati di lui - hanno fallito: ridisegnare l’architettura della Repubblica. Il superamento del Senato e dunque del bicameralismo perfetto, in particolare, è stato il passaggio decisivo in direzione di un futuro, che è bene ricordarlo, resta ancora tutto da decifrare.
Basti pensare alla maggioranza che ha dato il via libera alle riforme costituzionali (ottenuto con 180 voti a favore, 112 contrari e 1 astenuto): una compagine volubile, volatile, di circostanza.
Promossi i verdiniani
L’ok al ddl Boschi ha coronato la promessa di matrimonio che in molti attendevano. La fedeltà dimostrata dai verdiniani a Renzi ha fatto scattare il walzer delle poltrone nelle commissioni. Ad Ala sono andate così tre vicepresidenze di tutto rispetto: Eva Longo alle Finanze, Pietro Langella al Bilancio, Giuseppe Compagnone alla Difesa del Senato. Il rimpasto, naturalmente, ha coinvolto anche gli altri partiti di governo come NCD, che ha incassato la presidenza della commissione Giustizia con Nicola D’Ascola.
Nel gioco degli equilibri Renzi non ha dimenticato Forza Italia riconfermando ai Trasporti, Altero Matteoli, grazie ai voti decisivi dei senatori del M5S.
Il crocevia è il referendum
Toccherà ora agli italiani decidere se confermare o meno il progetto di riforma del governo, che si trasformerà in un vero e proprio referendum pro o contro il leader solo al comando, finendo col mettere in secondo piano i veri contenuti del pacchetto.
La campagna in tal senso è già cominciata. “Se perdessi il referendum - ha affermato Renzi in Senato - considererei conclusa la mia esperienza perché credo profondamente nel valore della dignità della cosa o pubblica”. Una prima mano al premier è già arrivata con l’introduzione di un quorum inferiore: per l’ok basterà il voto favorevole della metà degli elettori delle ultime elezioni (rispetto alla metà degli aventi diritto).
La prossima sfida è la PA
Nemmeno il tempo di digerire il ddl Boschi, che il governo ha presentato gli 11 decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione. Tra le novità rivelanti il licenziamento in 48 ore dei furbetti del cartellino, l’integrazione del Corpo forestale dello Stato con l’Arma dei Carabinieri e il lancio del pin unico per la cittadinanza digitale. In particolare sul primo punto, il governo ha voluto porre rimedio ai numerosi scandali che hanno coinvolto i cosiddetti dipendenti pubblici fannulloni. Chi è colto nell’atto di falsificazione della presenza o chi striscia il badge per poi allontanarsi dal luogo di lavoro, verrà immediatamente sospeso per poi essere espulso.
Il duro attacco della Confsal
Differente è stata la reazione dei sindacati alla proposta dell’esecutivo. Pur condividendo a grandi linee il principio di punibilità dei dipendenti colpevoli, c’è chi ha parlato di spot elettorale ricordando che un provvedimento analogo è stato già introdotto con la legge Brunetta. “Renzi - ha affermato Marco Paolo Nigi, segretario generale della Confsal - si è inventato un percorso ripetitivo che avrà l’unico merito di portare la sua firma”. “E questo - ha sottolineato - per ringraziarsi l’opinione pubblica italiana. Risultato: tempo perso ma tanta visibilità”.