E' possibile un accordo, in Venezuela, tra il Governo bolivariano del presidente Nicolás Maduro, e l'opposizione di centro destra, rappresenta dalla Mesa de la unidad democrática (Mud)? Le parti in conflitto troveranno un accordo - si parla di un incontro il prossimo 12 luglio - in vista del referendum revocatorio, che dovrebbe decidere sulla permanenza al potere del capo dello stato?
Chi punta alla pace sociale, spera nel buon esito della mediazione dell'Unión de naciones suramericanas (Unasur). Istituzione che ha affidato i negoziati ad alcuni ex presidenti, tra cui il socialista spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, e il panamense Martín Torrijos.
Il punto centrale della discordia tra le parti ruota essenzialmente intorno alla data della consultazione referendaria: giacché se si realizzasse entro quest'anno, Maduro - che con ogni probabilità sarebbe sconfitto, appunto revocato - sarebbe sostituito da un leader, indicato da nuove Elezioni presidenziali. Se invece il Governo in carica riuscisse - magari attraverso un ostruzionismo, anche legittimo - a rimandare il referendum al 2017, ecco che in questo caso Maduro sarebbe sostituito semplicemente dal suo vice, della stessa parte politica. Insomma, una differenza non da poco, perché in questo caso il chavismo - anatra zoppa quanto si vuole - potrebbe conservare il potere sino all'aprile 2019.
Venezuela, clima politico surriscaldato
A surriscaldare il clima intervengono tre specifici fattori: in primis la scarsa - per non dire nulla - legittimazione della controparte, da parte di ogni attore politico. Cosa che può rappresentare un preludio a un golpe. Da un lato, vari portavoce del chavismo accusano l'Assemblea nazionale - e in particolare il presidente Henry Ramos Allup - di violare la legge, e sostengono che l'organo legislativo dovrebbe essere sciolto.
Dall'altro lato il governatore di Miranda, Henrique Capriles - leader dell'opposizione - ha ad esempio dichiarato che l'unico dialogo col chavismo è il referendum. E poi contribuisce al caos sociale anche la crisi economica, basti pensare all'abbandono delle rotte aeree venezuelane, da parte di molti vettori internazionali.
E' inoltre di poche ore fa la sortita del direttore per le Americhe di Human rights watch (Hrw), José Miguel Vivanco. Questi ha dichiarato che l'Esecutivo del Venezuela agisce in modo «criminale», nel negare la crisi umanitaria nel Paese, e nell'«impedire» una cooperazione internazionale.
Venezuela, Stati uniti e Chiesa contro Maduro
Poi a soffiare sul fuoco intervengono anche le cosiddette ingerenze esterne. Un paio di giorni fa, il Dipartimento di stato statunitense ha emesso un comunicato riguardante il Venezuela: vi s'invitano i propri connazionali a non viaggiare nel Paese caraibico, «a causa della criminalità - ormai estesa all'intero territorio - e per la mancanza di approvvigionamento di molti prodotti, tra cui i farmaci».
E poi c'è da ricordare la dura presa di posizione, se non del Vaticano, della Conferenza episcopale venezuelana, come spiega l'"Agencia católica de informaciones prensa". Ebbene monsignor Diego Padrón, capo dei vescovi locali, ha affermato che «gli interessi del Governo non sono gli stessi del Paese»: specie per l'ingovernabilità, e la mancanza di «autorità morale» dell'Amministrazione Maduro, nel chiamare al dialogo e alla pace. In sostanza si deplora il divieto - imposto alla Chiesa e altre istituzioni - d'importare medicine e alimenti, per alleviare le difficoltà della popolazione.