Per Matteo Renzi la strada che porta al referendum costituzionale pare essere sempre più in salita. La direzione del Partito Democratico ha, se possibile, complicato ancor di più la vita del premier Matteo Renzi, che sull’esito del referendum costituzionale si sta giocando davvero tutto. Il malumore interno al Partito Democratico è emerso in tutto clamore.

Non sono bastate le aperture di Matteo Renzi sulla possibilità di cambiare l'Italicum

Non sono bastate le aperture del segretario Renzi, un po’ deboli a dire la verità, per ricompattare il partito in vista del voto referendario del 4 dicembre.

La minoranza interna, infatti, ha chiesto da tempo di rivedere prima del voto la legge elettorale, l’Italicum, ma Renzi ha solo aperto alla possibilità di cambiare la legge elettorale dopo, e non prima, del referendum, demandando ad un gruppo di lavoro del Pd il compito di discuterne con gli altri soggetti politici presenti in Parlamento per ricercare una proposta condivisa. Troppo poco per chi sa che difficilmente in questo modo si potrà davvero cambiare la legge elettorale.

Le spine di Matteo Renzi: Bersani, Cuperlo Speranza e D'Alema

Una brutta giornata per Renzi, che qualche ora prima aveva già dovuto incassare il No alla proposta di modifica costituzionale da nientedimeno che Pierluigi Bersani, predecessore di Renzi alla segreteria del Pd.

Un No importante, cui hanno fatto seguito le presa di posizione in direzione di Gianni Cuperlo che ha dichiarato di voler un accordo vero, senza il quale ci sarà il suo voto contrario sul referendum costituzionale e le sue dimissioni dal Parlamento. E quella di Roberto Speranza che ha definito la proposta di Matteo Renzi ancora insufficiente.

Insomma, c’è da chiedersi come pensa il premier Matteo Renzi di poter vincere davvero la sua battaglia sul referendum costituzionale se neanche il suo partito risulta essere così convinto. Ormai, infatti, pare evidente che il fronte del No al referendum possa contare anche numerosissimi esponenti, anche di primo piano, del Pd. E non il solo Massimo D’Alema. A questo punto, è facile ipotizzare proprio la vittoria del No con le inevitabili conseguenze per Matteo Renzi ed il suo governo.