A quale cittadino italiano titolare di una linea telefonica fissa a casa, o possessore di telefono cellulare (praticamente tutti), non è mai capitato di ricevere ripetute e poco gradite molestie telefoniche da parte di gestori del telemarketing di servizi di telefonia, luce e gas? La risposta sarà sicuramente a nessuno. Per ovviare a questa scocciatura più o meno legale, nel 2011 è stato aperto il Registro Pubblico delle Opposizioni, gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni. Peccato che questo strumento di difesa del cittadino-consumatore non riesca ad assolvere il suo pur meritorio compito.
Tutta colpa di cavilli legali che non permettono a quasi nessuno di iscriversi nel Registro (ad oggi sono solo 1,5 milioni le utenze ‘protette’). In parlamento sono state presentate diverse proposte di legge (M5S, Pd, Sel) atte a riformare il Registro, ma il ddl Concorrenza è fermo da mesi ai box del Senato.
Telemarketing telefonico: una vera persecuzione
Avete presente le scene dei film thriller quando, nel momento di maggior pathos, squilla immancabilmente il telefono e, dall’altra parte della cornetta, risponde come minimo l’assassino? Ebbene, scordatevele, perché in Italia, quando suona l’apparecchio di casa, è al 99% un operatore di call center che fa telemarketing sui prodotti più disparati.
Chi volesse registrarsi nell’apposito Registro delle Opposizioni per togliersi dai piedi il fastidio molto probabilmente non potrà farlo. Abilitato, infatti, è solo il cittadino che ha acconsentito espressamente a ricevere le telefonate promozionali. Quindi, quasi nessuno, ad eccezione di 1,5 milioni di utenze sulle oltre 13 milioni esistenti.
Escluse a priori, non si capisce bene perché, le oltre 90 milioni di utenze cellulari.
L’opinione del Garante della Privacy
E poi, non serve a nulla non rispondere perché il numero comparirà in automatico nel database degli ‘telefonisti seriali”. Le oltre 25mila segnalazioni fatte dal 2011 sono rimaste praticamente lettera morta.
Una situazione normativa che è “solo a vantaggio di chi chiama”, racconta al Fatto Quotidiano Giuseppe Busia, segretario generale del Garante della Privacy. Le aziende interessate, in pratica, comprano interi elenchi con nomi e numeri per pochi spiccioli approfittando del fatto che proprio l’istituzione del Registro ha eliminato l’obbligo di ottenere l’espresso consenso del cittadino.
Per mettere fine al fastidioso fenomeno basterebbe introdurre, spiega Busia, “la responsabilità solidale tra call center e gestori dei servizi in modo da consentire all’utente di rivalersi indifferentemente” su entrambi i soggetti. In questo modo terminerebbe anche l’increscioso fenomeno delle chiamate ‘da privato’ che garantiscono l’anonimato agli operatori, oppure quello delle cosiddette ‘telefonate mute’ (si alza la cornetta ma non si riceve risposta perché i sistemi automatici programmano telefonate a raffica, superiori ai telefonisti disponibili). Tutto rimandato, per ora, a dopo il referendum del 4 dicembre.