Roma, domenica 19 febbraio 2017, ore 10. Lo scenario è quello dell’Hotel Parco dei Principi dove si riunisce l’Assemblea nazionale del Partito Democratico. Alle 11.25 le agenzie di stampa battono la notizia che il presidente del partito, Matteo Orfini, dichiara alla folta platea presente di aver ricevuto ufficialmente le dimissioni di Matteo Renzi da segretario. “Avendo ricevuto le dimissioni del segretario - comunica Orfini - ho l'obbligo di avviare i termini per la raccolta di firme a sostegno di eventuali candidature a segretario”. La procedura standard prevede che, continua, “se qualcuno si vuole candidare alla segreteria del Pd deve raccogliere 117 firme di delegati e portarle alla presidenza entro due ore, le 13 e 30”.

In caso contrario, conclude, ci sarebbe l'indizione automatica del nostro congresso”.

Subito dopo prende la parola il segretario, ormai uscente, e il suo discorso è già di quelli da campagna elettorale. “Fuori di qui ci stanno prendendo per matti - attacca la minoranza di sinistra - la scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Renzi dice “basta” alle inutili discussioni che dovranno concludersi giocoforza nella giornata di oggi per poi “rimettersi in cammino”, con o senza gli ammutinati dalemiani. L’ex premier, dopo mesi di veleni ed accuse reciproche, vorrebbe utilizzare la “parola chiave” del “rispetto”.

Ma il suo si dimostra solo un auspicio di facciata perché, subito dopo, riparte all’attacco dei nemici interni.

“Siamo fermi e impelagati nel dire 'congresso si'- congresso no'”, dice rivolto alla platea dei delegati. Poi, dà la sua versione dei fatti di quanto accaduto nel Pd in questi ultimi mesi. “Io ho cercato di accogliere le proposte degli altri - racconta - ma sono stato insultato andando all'assemblea del 18.

Subito dopo, ecco il passaggio chiave.

“Ho accettato la proposta di Piero Fassino, ho comunicato formalmente le dimissioni - conferma quasi commosso - il congresso ha dei tempi statutari”, ovvero quelli comunicati da Orfini. Secondo Renzi “la parola scissione è una delle parole più brutte. Peggio c'è solo la parola ricatto”. E, a suo modo di vedere, “la scissione è stata usata come un ricatto” dalla minoranza. Secondo lui quello in atto tra i Dem è solamente “uno scontro di potere”. Promette anche di “non voler buttare fuori nessuno”.