Sono passati 10 giorni e Gabriele è ancora trattenuto in Turchia. Il giovane giornalista è in stato di fermo a Muğla perché, in seguito ad un controllo dalla polizia locale, non aveva i permessi necessari per svolgere l’attività giornalistica. Del Grande al momento dell’arresto si trovava in terra ottomana per raccogliere le testimonianze dei profughi siriani e confezionare così un libro che raccontasse la guerra in Siria.

Oggi, la compagna di Gabriele- Alexandra D’Onofrio- ha riacceso i riflettori sulla strana vicenda del marito, che, inspiegabilmente fin ora, non è stato né raggiunto dal ambasciatore italiano e neanche da un avvocato.

La D’Onofrio, intervistata dalla Rai, descrive la condizione del marito come quella di un uomo “messo in condizione d’isolamento”, di un uomo interrogato quotidianamente, di un cittadino italiano, quindi europeo, che non ha potuto avvalersi della consulenza di un legale. La donna, inoltre, fa un accorato appello alle autorità italiane affinché “intensifichino gli sforzi” per riportare a casa Gabriele.

Cosa è cambiato?

Il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha fatto sapere che domani mattina Gabriele potrà finalmente incontrare l’ambasciatore italiano e ricevere il sostegno di un avvocato.

Oltre alla farnesina e alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, anche l’Alto Rappresentante per la Politica estera dell’Unione Europea e il presidente del Parlamento Europeo hanno lavorato, e stanno lavorando, per restituire la libertà a Gabriele.

In particolare, il neo presidente del PE -Antonio Tajani- ha alzato i toni dichiarando che “La Turchia deve rispettare la libertà di stampa se vuol far parte dell'Unione europea", riaffermando al contempo la sacralità del principio secondo cui non può esserci democrazia senza libertà di espressione e di pensiero.

Associare il termine democrazia alla Turchia non è facile, visti sia il colpo di stato, avvenuto il 15 Luglio 20016, e sia la svolta presidenzialista, avvenuta con la vittoria del sì al referendum del 16 Aprile- cioè a distanza di 6 giorni dal fermo di Gabriele.

Tuttavia, è bene sperare nel cambiamento e contribuire pacificamente, come faceva Gabriele, alla sua realizzazione. Proprio perché il cambiamento è un processo delicato, lento e inclusivo, abbiamo bisogno del contributo di tutti per attuarlo e per farlo abbia ancora bisogno di Gabriele.