Dopo aver incassato il dato finale sull’affluenza delle Primarie del Partito Democratico, è tornato prepotente il dibattito sulla loro utilità. Quasi due milioni di italiani hanno deciso di recarsi alle urne per scegliere, a pagamento, il nuovo segretario. Per le modalità e le tempistiche dell’evento non sono mancate le consuete polemiche volte a screditarne il valore. In Sicilia, in Calabria, in Puglia e in Campania, le primarie hanno fatto emergere vecchi problemi che ne hanno minato la regolarità. Eppure tutto è andato avanti e, puntuale come un orologio svizzero, la base democratica ha deciso di riaffidarsi al giovane vecchio Matteo Renzi.
Ciò nonostante, per attendere i dati finali della consultazione sono servite più di 12 ore. Un silenzio interminabile (considerato il bilancio totale degli elettori) che di certo non ha contribuito a cancellare quella patina di sospetto sui meccanismi di gestione dello spoglio. Il comitato di Andrea Orlando, ad esempio, ha più volte attaccato la direzione nazionale del PD accusandola di far passare per ufficiali i dati parziali. Michele Emiliano, invece, ha mantenuto un profilo basso rimanendo fuori dalla mischia.
Problema regolamentare
Le primarie rappresentano ancora una risorsa da non disperdere all’interno del panorama italiano. Il PD era e resta, tuttavia, il solo partito ad aver aperto la porta a militanti e simpatizzanti.
È vero che pure il Movimento5Stelle ha scelto di affidarsi al web per la selezione della sua classe dirigente, estendendo il voto online degli iscritti anche alla composizione del programma di governo. Un passo in avanti, certo, ma che non può essere definito al di sopra di ogni accusa. La realtà è che le primarie, così come tutte le votazioni che riguardano meccanismi così cruciali, andrebbero normate per legge ed estese a tutte le forze politiche.
Forse per questo, al di là delle barricate, si fa ancora fatica ad accettare che possano essere la vera risposta all’antipolitica. Basti pensare al partito personale per eccellenza, Forza Italia, che dall’avvento di Silvio Berlusconi sulle scene politiche non ha fatto altro che posizionare i suoi uomini come fa un allenatore in una squadra di calcio.
Il solo ad alzare la voce nel Centrodestra sul tema è stato Stefano Parisi che, con Energie per l’Italia, ha promosso in Parlamento una iniziativa legislativa per regolamentare le primarie.
L’effetto sulla coalizione
Nemmeno il tempo di archiviare le Primarie di partito che per il PD di Renzi si apre il problema delle alleanze. Il segretario ha già fatto sapere di non essere disponibile a un apparentamento con gli scissionisti dei Democratici e Progressisti. “Una cosa è con Pisapia, una cosa è con D’Alema” ha più volte ribadito Renzi, conscio del consenso non certo stellare che godono gli ex compagni. Un diktat che non è però piaciuto all’ex sindaco di Milano, più proiettato verso una grande coalizione di Centrosinistra che includa tutte le forze dell’arco costituzionale.
Il voto delle Primarie, del resto, ha certificato una realtà non di poco conto: Renzi ha riportato il PD a una vocazione maggioritaria ma di chiaro stampo centrista. Ragion per cui, allo stato attuale, un’alleanza con Alternativa Popolare di Alfano sarebbe più percorribile di un’intesa con la carovana di Pisapia. Una svolta che non piace a molti a Via del Nazareno, ma che dipende anche dal vuoto sulla riforma della legge elettorale. In Parlamento la vera priorità è stata accantonata in favore di capitoli ben più remunerativi dal punto di vista elettorale: la nuova legge sulla legittima difesa ne è l’esempio.