A dispetto del trionfalismo mostrato dalla diretta interessata, il primo anno dell’amministrazione guidata da Virginia Raggi si è concluso senza particolari sussulti. Al netto di tutti gli alibi che accarezzano i giudizi della sindaca pentastalleta, Roma è oggi una città in affanno soffocata dalle problematiche di sempre e da una gestione troppo superficiale. Sgomberando il campo subito da facile conclusioni, è bene sottolineare che sarebbe stata un’impresa per chiunque risollevare il destino di una Capitale finita più e più volte sull’orlo del precipizio nel recente passato.

Lo è stato ancor di più per una classe dirigente assemblata in fretta e furia senza sprazzi di razionale logica. L’improvvisazione è stata il vero filo conduttore di questi primi 365 giorni, con la Raggi finita con il divenire suo malgrado un simbolo per i detrattori del M5S. L’associazione “così oggi a Roma, così domani al governo” è stata senza dubbio la più gettonata da chi è impegnato a rincorrere Grillo. Nonostante ciò, la giovane avvocatessa ha al suo attivo responsabilità clamorose che - è inutile nasconderlo - l’hanno portata a un passo dal ribaltone proprio per mano del comico genovese.

La fiducia ad oltranza

Grillo ha pensato più volte di dare il benservito alla Raggi estromettendole il simbolo del M5S.

Troppe sono state le disavventure, gli imbarazzi, gli errori della prima sindaca donna nella storia della Capitale. Eppure il capo si è fermato sempre sul più bello arrivando persino a modificare il Codice di Comportamento su misura dei grattacapi giudiziari della prima cittadina. Il Movimento dalla sera al mattino si è scoperto garantista incollando alla sua poltrona la Raggi e mettendola al riparo dallo spettro di un processo che potrebbe vederla imputata, dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma, per i reati di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico.

Per molto meno in passato il direttorio pentastellato aveva cacciato i suoi rappresentanti senza possibilità di appello. Basti pensare al caso Parma con Federico Pizzarotti via via accompagnato alla porta: un errore poi pagato con gli interessi dal punto di vista politico. Alla Raggi invece è sempre stata data fiducia incondizionata per due sostanziali motivazioni: non ha mai smesso di obbedire alla guida spericolata unilaterale di Grillo e non sarebbe potuta cadere senza scatenare l’effetto domino.

I tre problemi capitali

Lontano dalle vicissitudini personali (che si intrecciano alle scelte politiche vedi Marra e Romeo), c’è un dato ancora più allarmante per la Raggi che riguarda il territorio. La sua amministrazione ha saputo fare peggio delle precedenti sulle tre problematiche che affliggono i romani nella vita di tutti i giorni: buche, trasporti e rifiuti. Per ciò che concerne le voragini che caratterizzano la viabilità cittadina si è cercato di intervenire con un piano di ripascimento sommario. Ne è derivato un risultato raffazzonato e molto spesso inefficace sulla durata. Dall’intervento sono rimaste fuori comunque vaste aree del territorio a cominciare da quartieri popolari periferici.

Sopravvivere alla jungla stradale è divenuta un’impresa ardua anche per gli automobilisti e motociclisti più abili. Un po’ quello che capita ogni giorno alle migliaia di pendolari che scelgono il trasporto pubblico per spostarsi su Roma. Il cambio dei vertici Atac non ha influito sugli scioperi selvaggi e sulla qualità di un servizio indegno per una Capitale così importante. Stesso discorso per le masse di rifiuti e topi che dominano i lati delle carreggiate: uno spettacolo che deturpa l’ambiente e la salute dei cittadini.