È notizia dell'ultim'ora: il vice presidente della Camera dei Deputati, Luigi Di Maio, è stato indagato dalla Procura di Genova per diffamazione. L'inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Walter Cotugno, è partita dopo la querela sporta da Marika Cassimatis, ex candidata del Movimento 5 Stelle per le elezioni comunali di Genova, poi sostituita per volere di Beppe Grillo.

Di Maio, durante il comizio conclusivo per le amministrative della città, avrebbe detto: "I cittadini apprezzano sempre quando una forza politica allontana chi si approfitta della stessa.

Alcuni si fanno eleggere con questa e dopo poco passano al gruppo misto". Sono proprio queste le dichiarazioni oggetto della querela presentata lo scorso 14 giugno. L'insegnante di geografia, vincitrice delle "comunarie", assistita dall'avvocato Lorenzo Borrè, aveva denunciato anche il deputato Alessandro Di Battista e Beppe Grillo, ma in breve si arrivò all'archiviazione del caso.

Il caso Cassimatis

Questa notizia rappresenta soltanto l'ultimo tassello di una complessa vicenda che, molto probabilmente, è costata al Movimento 5 Stelle la vittoria delle elezioni a Genova - città di Grillo - passata ora in mano al centrodestra. Il risultato delle comunarie, che aveva visto la vittoria della Cassimatis, era stato annullato da Grillo stesso, in qualità di garante delle regole di M5S: "Non siamo sicuri di lei al 100% - aveva detto il fondatore del Movimento - vi chiedo di fidarvi di me".

Alla base di questa scelta c'era la supposta vicinanza della candidata ad alcuni fuoriusciti dai pentastellati. Alle elezioni, Marika Cassimatis presentò comunque la sua lista, nonostante le fosse stato tolto il simbolo, ottenendo solo l'1% dei voti, mentre la lista ufficiale del movimento, con Luca Pirondini, ottenne il 18%.

Questo risultato lasciò i grillini fuori dal ballottaggio, consegnando la città a Marco Bucci, della coalizione di centrodestra.

Il futuro di M5S tra giustizialismo e garantismo

Nel 2014 era stato proprio Di Maio a scagliarsi contro il principio della presunzione di innocenza, affermando di vedere nei politici soltanto una "presunzione di indecenza".

Dopo diverse indagini nei confronti di esponenti grillini, oggi il Movimento si trova a dover rivedere la sua posizione giustizialista. È già stata attuata una riforma dello statuto, che prevede l'espulsione dal partito e le dimissioni dall'incarico politico dopo una condanna di primo grado, o nel caso di indagine per reati "gravi", come quello di corruzione. C'è stata, quindi, un svolta garantista. In Italia però, sono previsti tre gradi di giudizio, e non c'è una classificazione tra reati futili e gravi, ma esistono i reati. La posizione del Movimento 5 Stelle resta, dunque, poco chiara, in bilico tra un giustizialismo che spesso si scontra con la realtà, e un garantismo di comodo.