Paul Horner, il famoso “re delle bufale”, è morto a 38 anni mentre dormiva nella propria casa di Laveen, in Arizona. Secondo gli inquirenti, le cause del decesso sarebbero collegate all’abuso di droghe e farmaci. La notizia è stata diffusa dal fratello JJ con un post su Facebook: un portavoce dell'ufficio dello sceriffo di Maricopa County ha affermato di non sapere se Horner avesse smesso di assumere sostanze, ma che comunque la sua storia di abusi farmacologici potrebbe avere causato complicazioni fatali. Nel 2011, Paul era stato arrestato per possesso di un grosso quantitativo di droghe, tra cui eroina e ketamina.

Un “bufalaro” di professione

Appassionato di politica sin da piccolo, Paul Horner aveva cominciato disegnando vignette satiriche. Ben presto, però, si era lasciato prendere la mano diventando così un “bufalaro” di professione. La tecnica era ormai consolidata: Horner si preoccupava che il titolo e le prime righe dei suoi articoli fossero sempre plausibili, così come le immagini utilizzate.

Millantò più volte di essere l’artista Banksy, per esempio. Inoltre diffuse la falsa notizia dell’apertura, da parte di Obama, di un “museo della cultura islamica”. Una serie di invenzioni che, grazie ad un abile gioco di condivisioni online, sono spesso diventate virali, permettendo a Horner di guadagnare circa 10mila dollari al mese tramite Google Adsense.

Il ruolo nell’elezione di Trump

Bufale paradossali, ma scritte in modo talmente plausibile da sembrare vere, tanto da ingannare persino testate come Fox News, che in più di un caso le hanno rilanciate in assoluta buona fede. Così come Corey Lewandowski, curatore della campagna elettorale di Donald Trump, che condivise su Twitter la sua bufala dei manifestanti pagati da George Soros per scendere in piazza contro il presidente americano.

Proprio l’ascesa politica di Donald Trump rappresentò un punto di svolta per Paul Horner, che in un’intervista al Washington Post si vantò di essere l’artefice del trionfo elettorale del magnate newyorchese. L’intento, inizialmente, sarebbe stato quello di mettere in cattiva luce i suoi elettori, cercando di dimostrare che condividevano qualunque cosa senza accertarsi della veridicità della notizia. Evidentemente, però, il giochino cominciò a fruttargli parecchio, tanto da specializzarsi nella scrittura di articoli falsi che sarebbero potuti essere condivisi dall’elettorato di Trump.