“Ho archiviato Antonio Di Pietro e, insieme a lui, una decina di comunisti, come direbbe Silvio berlusconi”. È questa la frase attribuita a Matteo Renzi dal giornalista Augusto Minzolini. In un articolo firmato Yoda, pubblicato oggi da Il Giornale e ripreso da Libero, l’ex senatore di Forza Italia sostiene che il segretario Pd si sia vantato per aver estromesso buona parte dei rappresentanti dell’opposizione interna di sinistra dalle liste elettorali appena compilate. Stiamo parlando degli orlandiani che, nonostante la decimazione subita al Nazareno, hanno comunque fatto sapere, attraverso le parole del loro leader Andrea Orlando, che per il momento “la scissione non è la strada da seguire”.
E anche le aspirazioni parlamentari di Antonio Di Pietro, ex magistrato simbolo di Mani Pulite, sarebbero state stroncate sul nascere da Renzi, forse in nome di un futuro accordo di governo con Berlusconi. Ma Minzolini cerca anche di motivare queste affermazioni.
Minzolini: Renzi e la ‘mutazione genetica’ del Pd
Augusto Minzolini non si ricandiderà con Forza Italia ma, tornato nelle vesti a lui più consone di giornalista (è stato anche direttore del Tg1), decide di fornire un’analisi delle liste elettorali, chiuse tra le polemiche da pochi giorni. Soffermandosi sul caso Pd, Minzolini si prende gioco della falsa “sorpresa” dimostrata dai “maggiorenti” del partito dopo l’ufficializzazione delle candidature Dem.
Insomma, secondo l’ex senatore di Berlusconi, era chiaro a tutti che il segretario Renzi avesse in mente di “trasformare il partito” sottoponendolo ad una “mutazione genetica” facendo fuori quel che è rimasto degli eredi dei comunisti. Operazione che, a parere di Minzolini, sarebbe riuscita perfettamente, vista l’eliminazione quasi sistematica dalle liste Pd dei rappresentanti dell’opposizione di sinistra, riassumibile nelle figure di Gianni Cuperlo, Andrea Orlando e Michele Emiliano.
‘Renzi si ispira a Macron, ex comunisti nocivi per il Pd’
Insomma, secondo quanto scritto da Minzolini, la volontà di Renzi di far fuori una “decina di comunisti” e uomini come Di Pietro dal Pd, sarebbe ben motivata. Se, infatti, il segretario Dem si ispira al modello Macron, risulta inevitabile doversi sbarazzare del “giustizialismo”, rappresentato dall’ex pm di Tangentopoli, e di “un certo tipo di sinistra, i post comunisti” ritenuti “indispensabili” per l’ex Pci, durante il ventennio della Seconda Repubblica, che vedeva tra i suoi protagonisti anche Berlusconi. Adesso, invece, al Pd gli ex comunisti “non servono più”, scrive Minzolini, “anzi, sono nocivi”.