Uno dei primi a telefonargli per le congratulazioni, come ha rivelato lui stesso, è stato il collega di partito Roberto Calderoli: "Ciao, senatore iwobi".

Sì, perché Toni Iwobi, nigeriano naturalizzato italiano, informatico e imprenditore, era stato appena eletto alla Camera Alta, primo senatore nero della storia d'Italia. Una sorta di favola o di sogno tricolore, reso ancora più sorprendente - e per alcuni sconcertante - dal fatto che Iwobi è il responsabile del dipartimento immigrazione della lega: proprio il partito che la vulgata dipinge come razzista e xenofobo, anche se il suo leader, Matteo Salvini, ha a più riprese precisato che oggetto dei suoi attacchi non sono gli stranieri tout court, e neppure un particolare gruppo etnico - bensì gli immigrati irregolari.

Da qui il motto "Aiutiamoli a casa loro", che un figlio dell'immigrazione come Iwobi sottoscrive in pieno: perché investire negli Stati da cui oggi parte la maggioranza dei migranti significa permettere ai popoli di crescere e svilupparsi - significa renderli liberi di realizzarsi nella propria patria. Un concetto a suo tempo espresso magistralmente da Papa Benedetto XVI, che nel 2012, in vista della 99ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, affermò che "prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare".

Il senatore e il calciatore

E pazienza se c'è chi reagisce con sarcasmo, e perfino con degli insulti: è il prezzo da pagare per la decostruzione di stereotipi vecchi e nuovi.

Come quelli personificati da Mario balotelli, che in un post su Instagram non ha risparmiato critiche al neo-senatore del Carroccio: il quale, rinunciando a infiammare la polemica, si è limitato a replicare che ci sono cose più importanti a cui pensare delle dichiarazioni di un ragazzo viziato.

La Lega, ripete Iwobi, non è un partito razzista, perché il razzismo implica un sentimento di superiorità etnica: mentre nel Carroccio si trovano certamente posizioni forti e decise, ma anche molto rispetto.

Del resto, lo stesso Iwobi ha levato alta la propria voce contro le politiche sull'immigrazione dei governi a guida Pd: politiche che sono state all'origine di un'invasione di clandestini che inevitabilmente finiscono per accrescere l'esercito dei poveri a cui è impossibile garantire un futuro; e che dunque rischiano di ritrovarsi nelle mani di organizzazioni criminali, gruppi estremisti o trafficanti di esseri umani.

A suo tempo, Salvini disse che avrebbe fatto molto di più Iwobi per gli immigrati regolari in un mese che l'ex ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge in un'intera vita: al neo-senatore il compito di far avverare quest'impegnativa profezia. Intanto, però, un risultato Iwobi lo ha già conseguito: ha abbattuto la barriera dei preconcetti. E ha mostrato a tutti cosa si può fare - dove si può arrivare - se si hanno passione, coraggio, e la forza delle proprie idee.