Veti incrociati, difficili discussioni sul programma, nomi bruciati, cerini volanti: non c'è sbocco concreto alla trattativa sulla formazione del governo M5S-Lega. Le due forze politiche sono distanti su diversi punti del contratto del governo: migranti, infrastrutture e giustizia; ma lo scoglio che blocca la nascita dell'esecutivo rimane la stessa composizione del nuovo gabinetto di governo, sopratutto il nome del presidente del Consiglio.

Le trattative tra i partiti

Nei giorni scorsi Milano è diventato il centro della Politica italiana. Il palazzo del pirellone ha ospitato gli incontri tra i tecnici dei due partiti che dovrebbero comporre la maggioranza di governo.

Questi tavoli di programma avevano lo scopo di venire a una quadra sulla stesura del tanto famigerato contratto di governo alla tedesca, che invece potrebbe risultare un contratto molto all'italiana: punti piuttosto generici e con uno scopo più che altro indicativo. A Milano si è parlato anche della poltrona più ambita, quella di palazzo Chigi. I leader dei due schieramenti negano discussioni incentrate sul nome del futuro premier, ma diverse fonti di stampa riportano di incontri fino a tarda notte per cercare di trovare l'accordo su un profilo condiviso da presentare al Quirinale. La confusione regna sovrana ed è facile accorgersene dalle diverse dichiarazioni provenienti da ambienti leghisti e pentastellati: si spazia da indicazioni che lasciano intravedere la scelta di un tecnico, per poi passare successivamente a una smentita e all'avanzamento di un nome completamente politico, bruciandone allo stesso tempo altri.

Lega e 5 Stelle conoscono bene i sentimenti profondi delle loro rispettive basi, e sanno bene che presentare un tecnico ai loro elettori potrebbe creare diversi mal di pancia. Molto si sono spesi per rinnegare i "premier non eletti" e promuovere il primato della politica vicina ai cittadini; difficilmente potrebbero proporre un nome completamente tecnico.

Sul nome del premier c'è ancora stallo, ed è uno stallo che si ripercuote su tutta la trattativa, oramai quasi arenata anche dal ritorno dello spettro voto anticipato. Nessuno si sente di escludere alcuna pista, anche quella che vede il capo dello Stato riproporre il suo "governo di tregua" per riportare il paese a elezioni in autunno.

Ma il presidente non vuole impedire in alcun modo la nascita di un governo politico, e per questo concederà altro tempo.

Lega e 5 Stelle al Quirinale

I margini di manovra per arrivare a una chiusura ci sono ancora. Lega e M5S hanno chiesto altro tempo al presidente Mattarella. Le due forze sembrano essere in balia di alcune incertezze; incertezze che sembrano attraversare sopratutto la mente del leader leghista Matteo Salvini. A sentire le dichiarazione del segretario federale della Lega è facile comprendere come l'opzione ritorno alle urne non è in alcun modo archiviata. Dal Quirinale, Matteo Salvini, ha ribadito uno a uno i punti del suo programma elettorale che, nel caso in cui dovesse approdare al governo, vorrebbe portare a termine.

Un modo per parlare alla sua base, forse un po' impaurita da questo estenuante tira e molla. E' per questo che la Lega ha lanciato i gazebo per ratificare un possibile accordo di governo con i 5 Stelle. Di Maio è arrivato al Colle con lo stesso scopo di Salvini: prendere tempo. I due leader si sono incontrati poco prima del colloquio con il capo dello Stato per fare il punto della situazione; non è inverosimile pensare che abbiano scelto insieme di chiedere al presidente Mattarella ancora qualche giorno per cercare di chiudere. Anche il capo politico del M5S ha voluto lanciare un segnale alla base grillina; e lo ha fatto annunciando direttamente dal Quirinale il voto online degli iscritti sul contratto di governo. Le frizioni sono diverse e il gioco di strategie - per adesso - prevale sul punto d'arrivo.