L'amministrazione americana è seriamente intenzionata a trattare con la Corea del Nord oppure vuole andare allo scontro? Il dubbio potrebbe venire, soprattutto alla luce di alcune dichiarazioni di questi ultimi giorni.

Quando si minaccia Kim di fargli fare una fine “libica” se non rinuncia a tutte le sue armi nucleari, si può poi pretendere che il leader nord coreano si sieda di buon grado al tavolo delle trattative? E' abbastanza chiaro che nella mente di Kim le atomiche sono l'unica cosa che si frappone tra lui e una fine ignominiosa alla Gheddafi.

I dubbi di Trump

Come nota Foreign Policy nel suo Situation Report, dopo aver “impulsivamente” accettato l'offerta coreana di una riunione al vertice il 12 giugno, il presidente Trump adesso sembra avere dei ripensamenti. Citando il New York Times e il Washington Post, infatti, FP osserva che il presidente negli ultimi giorni sarebbe preda di molti dubbi e avrebbe ripetutamente interrogato i suoi consiglieri circa la saggezza di un incontro con Kim Jong-un.

La rivincita della realtà

Stando al Washington Post, Donald Trump avrebbe chiamato il presidente sud coreano Moon per avere un suo parere sul cambio di accenti nella retorica nord-coreana e avrebbe pure minacciato di ritirarsi dal summit. La Corea del Nord ha infatti fatto sapere che non è intenzionata a rinunciare alla sua capacità nucleare in cambio di aiuti economici.

Secondo Foreign Policy, saremmo di fronte a una rivincita della realtà dopo settimane di ingiustificata euforia.

Alla fine della settimana scorsa alcuni funzionari nord coreani hanno minacciato di ritirarsi dal vertice di Singapore dopo che il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, il “falco” John Bolton, aveva sostenuto che gli Stati Uniti immaginano un “modello libico” per la Corea del Nord.

Al che il presidente Trump aveva tentato di contenere il danno, finendo però col ripetere la minaccia di un'azione militare statunitense contro Kim. “Quel modello – ha detto – si applicherebbe se non raggiungessimo un accordo, molto probabilmente”: non esattamente una rassicurazione per le orecchie di Kim Jong-un.

Quel che Trump forse non ha capito è che la Corea del Nord molto probabilmente vuole un riconoscimento del suo status di potenza nucleare: in altri termini, è solo a partire da quel riconoscimento che per loro si può negoziare.

La Corea del Sud, da parte sua, ha sostenuto la necessità di un approccio più tradizionale, basato sulla costruzione graduale della fiducia: concessioni del Nord in cambio di alleggerimenti delle sanzioni. Trump però ha detto che non ripeterà questa tecnica, perché avrebbe condotto al fallimento dei suoi predecessori.

Distensione USA-Korea del Nord: un processo 'faticoso e lento'

“Se Trump si aspetta la consegna degli armamenti nucleari in sei mesi, senza niente in cambio, questo è molto irrealistico”: così si è espresso Joseph Yun, fino a pochi mesi fa coordinatore per la Corea del Nord in seno al Dipartimento di Stato. La sua previsione è che Trump dovrà impegnarsi in un faticoso e lento processo “passo a passo. Perché non c'è altro modo”.