“Questo è il pezzo più banale che abbia mai scritto in vita mia”. Con queste parole lo scrittore Fulvio Abbate chiude con un post scriptum il suo lungo editoriale dedicato a Walter veltroni, pubblicato oggi dal quotidiano online linkiesta.it. Il marchese Abbate, noto anche come opinionista tv e della carta stampata, decide di rispondere per le rime ai ripetuti appelli lanciati nei giorni scorsi dal fondatore e primo segretario del Pd per ritrovare l’unità della sinistra, o di quello che ne è rimasto. Lo scrittore usa un tono sarcastico e spietato per stroncare quelle che definisce sprezzantemente le “perdenti idee” di Veltroni.

‘Potrà mai il virus presentarsi come fosse la diagnosi’

Fulvio Abbate usa una metafora fortissima per definire il ruolo avuto da Walter Veltroni nella disfatta del Pd e della sinistra italiana: un “virus” che si crede invece di essere la “diagnosi” alla malattia. Insomma, Veltroni non sarebbe altro che un “improbabile politico” protagonista di diversi “fallimenti conclamati” che, invece di ritirarsi a vita privata in Africa, come aveva più volte promesso in passato, starebbe provando a riprendersi la leadership di quello spazio politico. La spia delle ambizioni veltroniane, secondo lo scrittore palermitano, sarebbe un “articolo-manifesto” pubblicato nei giorni scorsi sul giornale ‘amico’ Repubblica.

In quelle righe Veltroni ripropone, in pratica, la vecchia teoria che gli costò la sconfitta nel 2008 e che manda letteralmente in bestia Abbate: la cosiddetta “vocazione maggioritaria” del Pd. Un ragionamento da “ceti medi alto-riflessivi” che avrebbe invece distrutto la sinistra.

‘Roboante mancanza di autocritica’

L’autore de ‘Sul conformismo di sinistra’ concorda con le opinioni espresse su Veltroni da un altro scrittore, il romano Christian Raimo, il quale imputa all’ex segretario Dem di aver creato un “partito senza anima”, di aver abbracciato il perdente “blairismo” britannico e di aver dimostrato sempre una “roboante mancanza di autocritica”.

Ma Abbate ha il dente avvelenato anche nei confronti di Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica che, oltre a permettere la pubblicazione dell’appello veltroniano, lo ha “osannato in modo recidivante”, mostrando una “schiuma da basso impero clientelare romano”. La colpa di Scalfari, agli occhi dello scrittore, è quella di aver sempre tramato per mandare al Quirinale il pupillo Walter, fatto passare come il “nuovo Crispi”.

Jovanotti e Baricco al posto di Gramsci e Togliatti

Comunque sia, il sospetto che ‘Uolter’ volesse tornare in scena sulle “ceneri di Renzi e del renzismo” non si è mai sopito, perché protetto e spalleggiato da chi, tra i resti della sinistra, ha ancora “rendite di posizione” da difendere. Insomma, un perbenista che fa parte di quella generazione che ha messo da parte Gramsci e Togliatti per sostituirli con Jovanotti e Baricco.