Sono durissime le parole del vicepremier e Ministro del Lavoro Luigi di Maio, intervenuto a margine dell'incontro tenutosi all'Ilva di Cornigliano con i sindacati, i vertici dell'azienda ed i rappresentanti degli enti locali: "Sia dannato il giorno in cui venne fatto il jobs act. Chi lo ha fatto non deve essere chiamato statista ma assassino politico".

Il commento aspro di Di Maio giunge nel momento in cui subentra il rischio di licenziamento per 189mila lavoratori, tra i quali 140mila metalmeccanici, per i quali scadono la cassa integrazione per cessazione ed i contratti di solidarietà, non più rinnovabili a causa del Jobs Act.

Il Governo Renzi, infatti, aveva escluso, per le aziende che hanno cessato l'attività, o hanno ceduto un ramo d'azienda, la possibilità di accedere alle tutele della Cassa integrazione straordinaria.

In tal senso, i sindacati si sono già mossi, al fine di richiedere all'attuale esecutivo il ripristino della misura.

L'iter è tuttora in fase di elaborazione.

La replica di Matteo Renzi

Non si è fatta tardare la replica dell'ex premier Matteo Renzi, il quale, dinanzi alle parole del capofila del M5S, ha controbattuto sul proprio profilo twitter, definendo le parole di Di Maio "“vergognose, specie pensando a chi è stato ucciso davvero per aver fatto riforme del mercato del lavoro. Non sa quello che dice.

Comunque: il Jobs act ha creato un milione di posti di lavoro: vedremo chi saprà fare di meglio”.

Ha poi proseguito l'ex leader del Partito Democratico su Facebook: “Quando Di Maio parla di cose che non conosce, come ad esempio il lavoro, spesso diventa ridicolo“.

Cosa aveva previsto il Jobs Act

Il Governo Renzi, pur inserendo una declaratoria normativa perentoria, teoricamente a salvaguardia dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato ("Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro") ha poi allargato notevolmente la possibilità di accedere ai contratti a termine, con prestazioni sino a 36 mesi e senza l'obbligo di indicare le causali per le quali il dipendente viene assunto a tempo determinato, piuttosto che a tempo indeterminato.

Sulla materia è già intervenuto l'esecutivo giallo-verde, con il famoso "Decreto Dignità", che ha reintrodotto le causali e limitato il ricorso dei contratti a termine fino ad un periodo massimo di 24 mesi.

Sulla scia delle riforme già intraprese dai precedenti esecutivi, di fatto sono state quasi azzerate le ipotesi di reintegro di un lavoratore in caso di licenziamento illegittimo (restano salvi i casi di licenziamento discriminatorio ed ingiustificato); oggi, in luogo del rientro sul posto di lavoro, il magistrato interrogato dal lavoratore che richiede la sanzione di un atto espulsivo iniquo, dovrà risarcire il ricorrente con un semplice indennizzo economico, seppur "a tutele crescenti", come evidenziato dal Governo Renzi, ossia tanto più elevato quanto più è crescente l’anzianità di servizio all'interno dell'azienda.

Oltre alle questioni legate alla cassa integrazione ed ai contratti di solidarietà, per cui l'urgenza di nuovo intervento è improcrastinabile, il Jobs Act aveva anche introdotto significative modifiche in materia di NASPI (indennità di disoccupazione) e maternità; inoltre, molte figure di lavoro precario sono state cancellate dal panorama legislativo.