Matteo Salvini non ha peli sulla lingua, anche quando si tratta di doversi interfacciare con organizzazioni che racchiudono più paesi come l'Unione Africana. Ennesimo duello rusticano, almeno sul piano dialettico, per il ministro dell'Interno che, di fronte alla richiesta di scuse dei Paesi del "continente nero", risponde in maniera schietta. A non andare giù sarebbero le parole attraverso cui il vice premier avrebbe paragonato gli immigrati arrivati e destinati ad arrivare in Italia a nuovi schiavi.

Parole pronunciate all'interno della Conferenza di Vienna, divenuta famosa, tra l'altro, per l'alterco con il suo collega lussemburghese che ha fatto il giro del mondo.

L'Unione Africana non ha accettato il paragone di Salvini

"Non abbiamo l'esigenza di avere nuovi schiavi". E' questo il testo della frase esatta che ha suscitato l'ira o quantomeno il malcontento dell'Unione Africana che pretende delle scuse ufficiali, richieste attraverso un comunicato ufficiale. In particolare il paragone viene letto come una "denominazione che non risolve le sfide migratorie che affliggono l'Italia e l'Europa". I Paesi africani fanno sapere di augurarsi un confronto ed un dibattito in un contesto che possa essere differente e che abbia come tema lo sviluppo socio-economico del continente.

Ritengono, infatti, che non si possa discutere su due piani diversi le possibili soluzioni per la crisi migratoria e per il mancato sviluppo dei problemi socio-economici africani. L'Unione Africana, inoltre, sollecita Salvini a ritrattare la sua "dichiarazione dispregiativa sui migranti". L'invito è, inoltre, quello di omologarsi ad altre nazioni europee che hanno esteso il supporto ai migranti in difficoltà "indipendentemente dalla loro origine e della loro situazione legale".

Salvini non vede il motivo per scusarsi

Matteo Salvini, seppur con toni piuttosto cordiali, non ha fatto alcun passo indietro rispetto alla sua posizione. Chiama "amici" i membri dell'Unione Africana, ma allo stesso tempo rispedisce al mittente la richiesta di scuse e di cambio della politica sulla migrazione. Il ministro dell'Interno ha ribadito che nella sua opinione non c'è alcuna correlazione tra immigrazione e schiavitù, ma che anzi il suo intervento era finalizzato a difendere qualcuno che in Europa concepisce chi arriva dall'Africa come schiavo. "Non ho niente di cui scusarmi" ha concluso.