La vicenda è complessa, talmente complessa che nessuno dei due attori principali riesce a spiegarla e preferisce fornire la sua versione dei fatti. Non riteniamo che il celeberrimo contratto per il governo del cambiamento possa andare in crisi dinanzi a questo pastrocchio che, però, in un modo o nell'altro deve essere risolto. Oggi è stata una giornata densa di dichiarazioni, Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno fatto fuoco e fiamme sui rispettivi profili social. La strategia di questo governo continua ad essere quella di coinvolgere elettori e simpatizzanti nel dialogo, anche se in questo caso forse sarebbe più utile un chiarimento a porte chiuse.

Ad ogni modo non abbiamo ancora compreso come sia avvenuta la 'manomissione del decreto' denunciata da Di Maio a Porta a Porta che viene smentita dalla Lega. Tant'è che Salvini inizia a spazientirsi: "Dialogo con tutti, ma inizio ad arrabbiarmi - afferma il leader del Carroccio - perché in quel Cdm c'era Conte che leggeva e Di Maio che scriveva. Ora... non hanno capito? Hanno iniziato a litigare? Questo è un loro problema, io penso che il governo non può risentire dei cambi di umore o delle distrazioni dei Cinque Stelle".

Lega: 'La verità è agli atti'

Dopo l'iniziale chiusura, l'atteggiamento di Salvini è molto più collaborativo. "Andrò a Roma sereno, riscriviamo tutto e rileggiamo, ma ribadisco che in quel Cdm Conte leggeva e Di Maio scriveva.

Se lo spread sale perchè questi litigano è un bel problema". In diretta Facebook, il vicepremier leghista ha rincarato la dose. "Se qualcosa non andava bene si poteva benissimo alzare il telefono e si cambiava tutto". Salvini sottolinea la necessità che il governo serri le fila e si mostri compatto dinanzi a questo problema, ma nel contempo alza la voce.

"Non sono disponibile a passare per scemo, se i Cinque Stelle hanno cambiato idea allora cambiamo tutto e riscriviamo tutto. Ma la verità è agli atti a Palazzo Chigi: quattro paginette con le annotazioni di Conte verbalizzate da Di Maio".

Di Maio: 'Se la Lega non vuole il condono, allora è tutto risolto'

L'articolo 9 dell'ormai famoso decreto è quello contestato dal M5S.

Ospite di Bruno Vespa, Di Maio ha definito la misura "uno scudo fiscale per i capitali all'estero ed una sanatoria per chi evade", parlando di "aiuto per i capitali mafiosi". "Noi non vogliamo questo condono - ha detto oggi il leader pentastellato - e se non lo vuole nemmeno la Lega, allora il problema è risolto". In realtà dalle dichiarazioni che sono corse veloci sui social, riportate dalla stampa, la situazione è tutt'altro che risolta. "Nel testo del decreto non c'era la dichiarazione integrativa con dentro il condono penale ed i capitali all'estero, questo è stato oggetto di una riunione Politica e Conte i termini generali dell'accordo li ha letti in Consiglio dei ministri. Non sono un bugiardo - aggiunge - e non ci sto nemmeno se mi si dice che ero distratto".

E poi lancia una frecciata a Salvini. "Non è colpa mia se non ci siamo potuti confrontare, lui è in Trentino. Credo sia legittimo fare campagna elettorale, ma non ci si può lamentare in una diretta su Facebook che non abbiamo ancora risolto e sciolto i nodi sugli emendamenti. Io sono qui".

Condono, la nota ufficiale di Palazzo Chigi

Nel pomeriggio è arrivata anche una nota ufficiale di Palazzo Chigi. La questione condono, secondo quanto reso noto dall'ufficio stampa della presidenza del Consiglio, è stata oggetto di ampia discussione politica e su questa si è giunti ad un accordo che è stato riassunto ai presenti dal presidente Conte. Ma la bozza del decreto fiscale che è stata messa a disposizione dagli uffici durante il Cdm non conteneva questa integrazione ed il punto sul documento risultava in bianco ed è stato completato durante i lavori del Consiglio.

Al presidente Conte è stato poi portato un foglio con una prima traduzione tecnica dell'accordo, ma non è stato distribuito a tutti i ministri presenti. Conte lo ha riassunto ed ha riservato la verifica tecnica ad un momento successivo, pertanto il contenuto integrativo dell'articolo 9 non è stato verbalizzato. Il testo, comunque, doveva ancora essere verificato.