Massimo Galli torna a parlare di Coronavirus. Lo fa nell'ambito della sua partecipazione alla trasmissione Rai Agorà. L'occasione è proficua per affrontare due argomenti: la possibile istituzione della zona bianca nell'ambito del prossimo Dcpm e l'ormai arcinoto concetto di immunità di gregge.

Nuovo Dpcm, Galli non convinto della zona bianca

La prima è una sorta di riconoscimento che verrà dato alle zone con il rischio epidemiologico più basso. Un traguardo che, per la maggior parte delle regioni, rischia di essere molto lontano sulla base della situazione attuale generale, sebbene rappresenti lo status in cui si metteranno da parte buona parte delle restrizioni.

"Secondo me il discorso della zona bianca adesso è un po' illusorio. Non funziona così", ha detto Galli.

A non convincerlo c'è quella che, dal suo punto di vista, pare essere l'inopportunità di creare dei microcosmi dove si immagina di poter abbassare il livello delle limitazioni dentro un contesto nazionale ben più problematico. E pone l'esempio del fatto che il problema si sarebbe posto anche qualora, come accadeva qualche secolo fa l'Italia, fosse stata interessata da linee di demarcazioni blindate tra una regione e l'altra. "Il virus - spiega - delle frontiere se ne sarebbe infischiato grandemente, anche quando queste frontiere ancora esistevano. Non funziona così, non può funzionare secondo me pensando di avere aree che sono assolutamente tranquille in una situazione in cui quelle tutto attorno sono problematiche".

"Il virus - incalza Galli - si muove con il movimento delle persone ed è necessario limitare il movimento delle persone".

Coronavirus, Galli spiega il discorso immunità di gregge

È opinione diffusa che questa è la fase in cui la collettività è chiamata a stringere i denti. La consapevolezza è che si tratti degli ultimi mesi prima che la progressione della campagna vaccinale faccia il suo corso e si arrivi a temere un po' meno il Covid.

"L'immunità di gregge - specifica Galli - si raggiunge quando si raggiungono determinati numeri e ancora non sappiamo esattamente quali sono".

Chiaro il riferimento al fatto che, ad oggi, non c'è alcun paese che possa dire di avere completato il processo di immunizzazione, sebbene ad oggi affidandosi ad alcuni modelli scientifici diversi scienziati fissino nella vaccinazione di oltre il 70% della popolazione una possibile quota per l'ottenimento dell'immunità di gregge di un popolo.

Il concetto serve a mettere in evidenza che per individuare il numero esatto di vaccinati necessario a ottenere l'immunità di gregge sarà necessario attendere.

C'è, però, un altro punto relativo alla questione a livello internazionale. "Per riuscire ad avere una situazione tranquilla nei confronti di questo virus, dovremmo - spiega Galli - riuscire ad avere una campagna di vaccinazione di grande efficacia a livello mondiale. Cosa che è abbastanza improbabile che si possa ottenere entro il 21 e forse nemmeno entro il 22 e forse anche mai, stante le cose come stanno adesso".

Galli, però, specifica un aspetto: "Limitarsi a avere una sicurezza a livello italiano ed europeo è comunque importante ed è un obiettivo comunque fondamentale da raggiungere".

L'infettivologo del Sacco di Milano ritiene, inoltre, che ad oggi c'è la prospettiva concreta che si possa arrivare ad ottenere il traguardo. Tuttavia, affinché si possa arrivare a fare una previsione accurata potrebbe essere necessario aspettare marzo e, arrivati a quel punto, si potranno tirare le somme con possibili proiezioni più attendibili.

Anche perché non bisogna dimenticare che vaccinarsi offre al singolo la possibilità di scongiurare nella stragrande maggioranza dei casi la possibilità che l'infezione si trasformi in una malattia seria.