Da Giugno la cannabis a scopo terapeutico costerà circa quattro euro al grammo, anzichè 15 euro di quella olandese, paese da cui l'abbiamo importata finora. È un'importante risultato che è stato raggiunto dopo anni di dibattiti politici e controversie tra proibizionisti e antiproibizionisti. Hanno vinto le proteste dei malati e i suggerimenti forniti da molti medici e scienziati che hanno permesso la firma, sui protocolli di produzione e vendita, da parte del ministro della Salute Beatrice Lorenzin e della Difesa Roberta Pinotti affidando la raccolta e la gestione del "medicinale cannabis" ai militari.
La prima idea, riferita alla possibilità di una produzione di Stato della cannabis medica in Italia è stata di Enzo Brogi, attivissimo consigliere della Regione Toscana, che è stato anche il promotore della prima legge regionale che approvava l'uso della marijuana medica a favore della Salute pubblica. Da questa iniziativa, altre regioni hanno seguito lo stesso percorso fino a quando i due ministri hanno firmato i protocolli per farne legalmente uso in campo nazionale.
L'Italia chiude così il calvario di molti pazienti sofferenti di vari tipi di malattie come, per esempio, l'ictus, il cancro, la sclerosi multipla e altre degenerazioni neurologiche, per le quali la cannabis fornisce benefici scientificamente confermati.
Finora questa tipologia di malati dovevano seguire un lungo iter burocratico per esercitare un diritto che le leggi già prevedevano fin dal lontano 2007, ma che rendevano quasi impossibile ottenerlo per via di molti ostacoli amministrativi. Non a caso Luigi Manconi, presidente della commissione parlamentare per i diritti umani, ha stimato che nell'intero anno 2013 solo una dozzina di pazienti hanno ottenuto il diritto di accedere alla terapia basata sulla cannabis.
Manconi è stato anche il primo politico nazionale che ha voluto suggerire l'uso della cannabis per scopi terapeutici suggerendo di affidare il compito della sua raccolta e produzione alle forze militari. Il generale Giocondo Santoni, capo dell'unità farmaceutica militare e responsabile del progetto, si pone l'obiettivo di coltivare non meno di 1.200 piante e di eseguire tre raccolti l'anno garantendo, nel contempo, la creazione di 10 mila posti di lavoro.
Questo particolare e nuovo settore di "attività" farmacologia naturale, creerà un mercato valutato attorno a circa 1.400 milioni di euro all'anno. In più, considerando che i soldati hanno dovuto imparare l'arte della coltivazione di cannabis, cosa che finora era riservata principalmente alle varie mafie, si stima che la produzione illegale di tale sostanza in Italia possa diminuire di oltre l'80%.
Lo Stato oggi considera la cannabis un farmaco e quindi dovrebbe offrire il medesimo vantaggio come qualsiasi altro medicinale. Sarà venduto in sacchetti trasparenti, con le etichette sul contenuto che ne comproveranno la provenienza e la legalità e, ovviamente, non conterrà le varie sostanze tossiche usate dai criminali che la producono illegalmente, come l'ammoniaca e, a volte, persino la fibra di vetro o i cristalli di lana minerale.
La cannabis pubblica per uso medicinale è coltivata in ambienti controllati, in aree climatizzate e illuminate secondo rigorosi parametri medici. Naturalmente, tali stabilimenti sono inseriti all'interno di alcune strutture militari del paese, quindi tutte zone sorvegliate da guardie armate.