OsservaSalute, ovvero l’Osservatorio sulla Salute delle Regioni italiane, con sede presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nel suo rapporto annuale, per l’anno 2015 segna un vero primato. Un insieme di fattori ha contribuito ad una riduzione, sebbene minima, delle aspettative di vita dei nuovi nati di questo Paese. E di conseguenza, è iniziata la ricerca delle cause.

L’aspettativa di vita

Siamo uno dei popoli più longevi della terra. Tra i possibili elementi che hanno favorito questa longevità troviamo la dieta mediterranea, un sistema sanitario universalistico, un clima sostanzialmente mite tutto l’anno, una società evoluta, e altri possibili fattori.

Così, di anno in anno, la vita media degli italiani si è allungata e questo ha certamente risvolti positivi ma anche negativi. Vivere più a lungo è indice di migliorate condizioni di vita rispetto al passato, vivere più eventi e fare più esperienze, veder crescere figli e nipoti. Ma vivere a lungo vuol dire un maggior costo sociale, per l’assistenza, la sanità, le pensioni.

Per anni ci siamo sentiti ripetere che il sistema pensionistico non era in equilibrio perché in Italia il tasso di natalità è molto basso, perché la disoccupazione giovanile è elevata e quindi meno persone versano contributi utili a pagare le pensioni.

Per mantenere il sistema in equilibrio nel tempo, occorreva adeguare continuamente l’età della pensione ad un progressivo aumento della vita media.

E così, di riforma in riforma, per andare in pensione bisogna aspettare sempre di più.

Adesso arriva un dato che spiazza tutti: per la prima volta nella storia del nostro Paese, l’aspettativa di vita si è ridotta.

Il rapporto OsservaSalute 2015

Si tratta di un documento di 590 pagine, redatto da 180 ricercatori, arrivato alla sua 13.ma edizione.

Il rapporto analizza lo stato di salute degli italiani, regioni per regione. Una serie di dati anche sulle abitudini (fumo, alcool, alimentazione, sport, lavoro), sui finanziamenti stanziati da Stato e Regioni a favore del comparto “salute”, su prevenzione e assistenza.

Si scopre che in Italia nel 2015 l’aspettativa di vita per gli uomini era di 80,1 anni e per le donne di 84,7 anni.

Nel 2014 era 80,3 e 85,0, rispettivamente. La spesa sanitaria pro capite rimane stabile (1817 euro a testa) come nel 2014, investiamo meno degli altri Paesi nella prevenzione delle malattie, aumentano di poco gli astemi (chi non beve alcolici), calano di poco i fumatori e continua a crescere il divario nord-sud nella speranza di vita.

L’Italia è comunque un paese che sta invecchiando: un italiano su cinque ha più di 65 anni, e continuano a crescere gli ultracentenari arrivati a 19.000. Solo 15 anni fa erano un terzo.

Le cause di un calo storico

Ma torniamo all’aspettativa di vita. Come mai nel 2015 si è registrato una breve flessione? Probabilmente questo è legato alla crisi economica, quindi meno risorse per curarsi, per fare prevenzione ma anche per mangiare bene e in modo regolare.

Aumenta il consumo di antidepressivi. Aumentano i casi di suicidio.

In quanto alle risorse pubbliche, l’Italia destina solo il 4,1% della spesa sanitaria generale al capitolo prevenzione, una delle quote più basse d’Europa. Così come i livelli di assistenza variano considerevolmente da Regione a Regione.

Oggi un cittadino campano o siciliano vive 4 anni meno rispetto ad un marchigiano o un trentino. Il sistema sanitario funziona a macchia di leopardo. Solo una élite può curarsi al meglio, il resto si arrangia.