La relazione tra neoplasie cerebrali e l’uso dei cellulari ha sempre destato qualche preoccupazione. Nel 2012 il PM di Torino, Raffaele Guariniello - dopo la denuncia di un 45enne che per 20 anni aveva usato il cellulare, in media 7 ore/giorno, e che si era ritrovato con un cancro al cervello (glioblastoma) - aveva aperto un fascicolo, per accertare se ci fosse una relazione tra l’uso abituale del telefonino e la possibilità di sviluppare la malattia. Va precisato che numerosi studi condotti negli Stati Uniti finora hanno escluso questa possibilità.

Adesso arriva l’ultima conferma da una ricerca australiana che, dal 1987, ha monitorato 34mila persone e non ha evidenziato alcun aumento dei tumori cerebrali.

Uso del telefonino e tumori cerebrali

I telefoni cellulari, mezzo di comunicazione e di ricerca di cui non sappiamo o possiamo più farne a meno, sono un fenomeno degli ultimi vent’anni. Per il loro funzionamento sfruttano le onde elettromagnetiche in radiofrequenza, le stesse che emettono dispositivi elettronici come radar, forni a microonde, cordless, televisori, radio, Wi-Fi, Bluetooth, tanto per citarne alcuni.

Cinque anni fa l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato queste onde elettromagnetiche come “possibili cancerogeni”.

Questo è stato sufficiente per far scattare l’allarme e per incoraggiare molti pazienti, con tumori cerebrali, ad adire le vie legali contro le compagnie telefoniche. Secondo uno studio dello IARC (l'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) pubblicato nel 2013, un uso eccessivo di questi apparecchi, accostati per ore vicino all’orecchio, sempre dallo stesso lato, potrebbe causare alcuni tipi di cancro, come il glioma, un tumore della parete cerebrale, e il neurinoma del nervo acustico.

Per limitare o eliminare questi rischi, basta usare dei semplici accorgimenti quali il non accostare l’apparecchio alla cute, passare l’apparecchio da un orecchio all’altro con una certa frequenza, usare il vivavoce o gli auricolari.

Un monitoraggio lungo 29 anni

Questi giorni, su Cancer Epidemiology, è stato pubblicato un lavoro dal titolo “Has the incidence of brain cancer risen in Australia since the introduction of mobile phones 29 years ago?”.

Freddy Sitas, coordinatore della ricerca, insieme ad altri tre colleghi della School of Public Health dell'Università di Sydney, hanno analizzato i dati di 34mila persone (14mila donne e 20mila uomini), partendo da quando in Australia è stato introdotto il cellulare (1987), fino ai giorni nostri.

Consultando il registro dei tumori australiani, in questi 29 anni ci sono stati 1.400 casi di tumori cerebrali. L’incidenza è del tutto sovrapponibile a quanto registrato prima del 1987. Unica eccezione è un incremento negli over 70, ma gli autori non associano questo aumento all’uso del cellulare ma a migliorate tecniche diagnostiche. Questo non è l’unico dato “tranquillizzante” finora emerso. Anche uno studio dell'European Union's Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks (SCENIHR) ha confermato che, con le attuali emissioni di onde elettromagnetiche in radiofrequenza, non vi è alcuna evidenza di effetti negativi sulla Salute umana.

Altre ricerche documentano addirittura una riduzione dell’incidenza di tumori cerebrali. Tanto per escludere l’eventuale sospetto che a finanziare questi studi siano proprio le compagnie telefoniche.

Insomma, il paventato “effetto amianto”, cioè quella tossicità che si osserva solo dopo decenni dall’introduzione di un nuovo dispositivo o sostanza, almeno per ora, sui cellulari ci sentiamo di escluderla. L’importante è farne sempre e comunque un uso intelligente, evitando di lasciarlo sul cuscino durante la notte, di non lasciarlo in mano a bambini troppo piccoli, e di adottare quegli accorgimenti che ne limitano il contatto diretto con la testa, soprattutto per coloro che al cellulare ci passano diverse ore al giorno.