L’uso smodato di antibiotici negli ultimi decenni, non solo nella terapia umana ma – forse soprattutto – nelle filiere della produzione di alimenti derivati da allevamenti come la carne che arriva sulle nostre tavole, ha favorito uno sviluppo di microbi resistenti a uno o più antibiotici. In attesa di trovare nuove soluzioni per fronteggiare questo problema sanitario, un report appena pubblicato, redatto da EFSA (European Food Safety Authority) ed ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), evidenzia che in Europa i livelli di antibiotico-resistenza continuano ad aumentare, anche se non in modo uniforme.

Il problema è maggiormente avvertito nei Paesi del Sud e dell’Est del continente mentre sono inferiori nei Paesi del Nord e dell’Ovest dell’Europa.

Come siamo messi in Italia?

Il report, consultabile sul sito EFSA-Europa, fornisce dati per ogni zona, per ogni microbo e per ogni antibiotico. In Italia, il fenomeno dell’antibiotico-resistenza sull’uomo sta facendo registrare dati estremamente elevati per la Salmonella spp verso l’ampicillina (circa 55%), le tetracicline (circa 51%), il sulfametrazolo (circa 49%).

Per quanto riguarda la Salmonella Typhimurium anche questa, come la precedente, responsabile di infezioni intestinali ha raggiunto livelli di resistenza molto elevati: verso l’ampicillina (circa 82%), cloranfenicolo (circa 55%) e il sulfametrazolo (circa 27%).

In una variante di Salmonella Typhimurium, la monofasica, tipicamente presente nelle carni e nel pollame, nella cui filiera produttiva abbondano gli antibiotici, la resistenza all’ampicillina (penicilline) così come all’acido nalidixico (chinoloni), è quasi al 96%, mentre alle tetracicline ha raggiunto il 100%.

Questi dati sono davvero allarmanti, considerata la fonte del contagio e la totale inefficacia di molti antibiotici finora usati con successo nelle terapie per la loro cura.

E in Europa?

In Europa le infezioni causate da microorganismi resistenti agli antibiotici sono responsabili di 25mila morti ogni anno. Uno dei batteri in cui la resistenza è maggiormente sviluppata è la Salmonella. E la salmonellosi, infezione causata da questi batteri, è la seconda malattia di origine alimentare diffusa in tutta Europa.

Ma la distribuzione non è uniforme.

I Paesi del Nord Europa così come quelli dell’Ovest Europa presentano livelli di resistenza agli antibiotici più bassi rispetto ai Paesi del Sud e dell’Est. Questa differenza è una conseguenza delle politiche messe in atto nei paesi del Nord ed Ovest europeo per contrastare l'abuso degli antibiotici.

Il carbapenem è uno degli antibiotici usati in presenza di infezioni da batteri resistenti ad altri antibiotici. Ebbene, quest’anno nei rilevamenti effettuati a livello comunitario, si sono registrati i primi casi di resistenza anche verso questa classe di antibiotici. Livelli di resistenza sono stati segnalati anche negli Escherichia Coli, batteri ritrovati nei suini oltre che nei manzi e nei vitelli.

Un altro antibiotico da “ultima spiaggia” è la colistina (polimixine), normalmente impiegato in ambito veterinario in quanto nefrotossico ma, in casi disperati, anche nell’uomo. Anche verso questo antibiotico iniziano ad essere segnalati le prime forme di antibiotico-resistenza.

Infine, verso il Camylobacter coli, un altro batterio presente negli allevamenti e nella carne di pollami e responsabile di infezioni intestinali caratterizzate da violente diarree, normalmente trattate con fluorochinoloni e macrolidi, nei Paesi comunitari si sono registrati un 10% di forme resistenti.