La ong USA Human rights watch ha accusato alcuni Centri Medici e Case di Cura per anziani di non sostenere adeguatamente i propri ospiti, a causa di personale poco preparato o, nei casi peggiori, menefreghista e non curante della salute degli assistiti. La denuncia sollevata è la seguente: le persone anziane, per lo più dementi, verrebbero riempite di antipsicotici, al fine di sedarle e non creare nessun tipo di problema ai lavoratori del posto. Il sovradosaggio del farmaco provocherebbe un peggioramento della condizione patologica, oltre che un abuso perpetuato nei confronti di persone fragili e vulnerabili, non in grado di ribellarsi a quanto subito.

Eppure esistono altri rimedi, oltre le terapie farmacologiche, per incrementare le risorse cognitive residue di questi pazienti e permettere un innalzamento della loro qualità di vita.

Riconsiderare la demenza

La demenza è una sindrome estremamente complessa e variabile, caratterizzata da un declino acquisito, dovuto ad una progressiva insufficienza del funzionamento cerebrale, che porta graduali compromissioni a livello personale, familiare, sociale e lavorativo.

Alcuni aspetti che possono essere riscontrati in una forma di demenza sono i seguenti: perdita di memoria, difficoltà nelle attività quotidiane, problemi di linguaggio, disorientamento nel tempo e nello spazio, diminuzione della capacità di giudizio, difficoltà nel pensiero astratto, cambiamenti di umore o di comportamento, cambiamenti di personalità, mancanza di iniziativa.

Secondo il modello di assistenza centrato sulla persona di Kitwood (1993), la demenza deve essere considerata alla luce dell'interazione della persona sia con le proprie caratteristiche (personalità, storia biografica, salute fisica) che con l'ambiente circostante (ad esempio, con la stigmatizzazione, la derisione o la negazione che può arrivare da terzi e che può peggiorare il quadro clinico, portando isolamento e depressione).

Dunque, per definizione, la persona con demenza (soprattutto quella di Alzheimer) è impossibile da riabilitare, in quanto trattasi di un quadro cognitivo che, attualmente, non ha possibilità di remissione. Però è possibile e doveroso permettere a questi pazienti una migliore qualità di vita e un rallentamento del peggioramento della propria condizione.

Non a caso Kitwood propone un'assistenza positiva della persona affetta da demenza (positive person work), basata sui bisogni fisici e psicologici dell'anziano, indipendentemente dalla patologia: la persona deve essere il centro di ogni intervento.

Cinque sono i punti da considerare: conforto, attaccamento, inclusione, occupazione, identità.

Conforto: nella demenza la persona si sente sul punto di crollare, come se avesse subito una profonda perdita, dunque è necessario fornire conforto, quella forza utile ad evitare all'anziano di andare in pezzi.

Attaccamento: le persone dementi si trovano spesso in situazioni che sentono strane e ciò attiva in loro un profondo senso di attaccamento, lo stesso che i bambini hanno con la madre nei primi anni di esplorazione.

Dunque risulta importante offrire loro una base sicura, tramite la quale affrontare il mondo esterno così pieno di incertezze.

Inclusione: le proteste o i comportamenti di disturbo nelle persone con demenza possono essere interpretati alla luce del loro bisogno di appartenenza, di sentirsi parte di un gruppo, in conformità della natura sociale umana che rende vitale l'essere parte di una comunità. Mai lasciare la persona anziana da sola e in disparte.

Occupazione: è importante coinvolgere l'anziano in attività, renderlo partecipe, farlo sentire utile per permettere un accrescimento di autostima e contrastare l'insorgere di comportamenti apatici.

Identità: il deterioramento cognitivo può disgregare la propria identità personale e finire con il rendere smarrite e spaventate le persone con demenza; dunque è importante fornire loro un senso di continuità esistenziale e aiutarle a riconoscere chi sono a livello cognitivo e sentimentale.

Trattamenti non farmacologici nella demenza

In una persona con demenza può essere utilizzata la stimolazione cognitiva, un approccio validato e standardizzato, per migliorare il funzionamento cognitivo globale e il funzionamento sociale. La stimolazione cognitiva richiede il coinvolgimento del paziente in compiti che riguardano la quotidianità, allo scopo di stimolare l'attività mentale.

Due sono i suoi obiettivi principali: 1. favorire l'utilizzo ed il mantenimento delle funzioni residue; 2. promuovere esperienze gratificanti per sostenere l'autostima e l'immagine di sé.

Questo perché il deterioramento cognitivo non si presenta in tutti i soggetti con le stesse caratteristiche e con la stessa gravità: l'attività va modulata facendo attenzione alle reali necessità della persona.

Affinché l'anziano accetti le proposte che gli vengono date, occorre che queste siano conformi ai suoi interessi e che promuovano il suo sviluppo e le sue capacità: attività ludiche o infantili, ad esempio, rischierebbero con l'umiliarlo o il farlo sentire un peso e potrebbero essere rifiutate anche in maniera aggressiva.

Altro intervento non farmacologico, possibile da adottare nei pazienti con demenza, è la musicoterapia: la melodia può permettere l'espressione di emozioni e sensazioni meglio delle parole.

Nel demente, le aree cerebrali implicate nell'elaborazione e nel ricordo della musica risultano più integre rispetto al resto delle aree associate alla memoria: la musicoterapia può, in tal senso, compensare le fallaci facoltà di memoria, scavando nel profondo della psiche della persona, aiutandola, così, a recuperare i ricordi del suo passato.

L'ascolto di canzoni note e care, inoltre, può incrementare anche il linguaggio, soprattutto se vi sono parole semplici o familiari che il paziente può re-imparare, ripetere e utilizzare. Inoltre la musica ha un'influenza positiva anche su aspetti non prettamente cognitivi: può ridurre stati depressivi e di ansia sperimentati dai pazienti.

Demenza vs Remenza

Quindi basterebbe uscire fuori dal concetto di "demenza come impossibile da trattare" e prendere in prestito l'espressione coniata da Kitwood nel 1996 di remenza, per cogliere l'idea che, troppo spesso, è proprio l'ambiente sociale a porre alte barriere di disabilità a diverse patologie. Supportare le competenze che restano nell'anziano può raggirare la disabilità sicuramente meglio di un antipsicotico dato per sedare: i punti di forza rimasti non possono che portare un miglioramento nella condizione di vita e, sicuramente, più umanità.