Un importante lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature svela come un farmaco ogni quattro influenzi la crescita di almeno un ceppo batterico che alberga nella nostra flora intestinale. Sempre in questi giorni, un altro lavoro, pubblicato su Behavioral Brain Research, rivela l’influenza negativa dello stress sulla corretta composizione del microbiota intestinale.
Su 1000 farmaci testati il 24% influenza il microbiota
Ad una terapia antibiotica normalmente associamo dei probiotici e fermenti di vario tipo. A distruggere la flora intestinale non sono solo gli antibiotici ma anche altri farmaci.
Per chiarire questo punto, un team di ricercatori guidati da Peer Bork, Kiran Patil, Nassos Typas e Georg Zeller dell'EMBL (European Molecular Biology Laboratory), con laboratori di ricerca in diverse sedi in Europa, ha esaminato, in un test in vitro, 1.000 farmaci disponibili in commercio, contro 40 ceppi batterici normalmente presenti nel nostro intestino.
Ebbene, il 24% dei farmaci testati, appartenenti a tutte le classi terapeutiche, e quindi non solo antibiotici, ha bloccato la crescita di almeno un ceppo batterico del microbiota. Questo dato è molto importante ed è probabile che a breve gli Enti Regolatori prima di approvare un nuovo farmaco richiederanno i risultati dei test sull’interazione farmaco-microbiota.
I ricercatori che hanno condotto lo studio sono convinti che siamo solo all’inizio di un percorso che potrà portare a risultati ora solo ipotizzabili come un uso più appropriato dei vecchi farmaci o una loro associazione a integratori e probiotici specifici, fino ad arrivare a terapie personalizzate. Inoltre, non è escluso che allo sviluppo del fenomeno dell’antibiotico resistenza partecipino anche altre classi di farmaci che interferendo con i meccanismi della proliferazione dei batteri attivano quei meccanismi che sono alla base della resistenza agli antibiotici.
Stress e microbiota intestinale
I ricercatori della Georgia State University, guidati dal Dr. Kim Huhman, hanno condotto in laboratorio uno studio su criceti siriani, per valutare l’effetto dello stress sul microbiota. L’idea si origina dalla considerazione che esiste un continuo scambio di messaggi tra intestino e cervello: come una alterazione della flora intestinale influenza la nostra psiche, così una condizione di stress potrebbe influenzare il microbiota intestinale.
Per dimostrare questo, i ricercatori del EMBL hanno sottoposto dei criceti siriani a condizioni di stress, singole o ripetute, e sono andati a valutare le ripercussioni che questa esperienza aveva sul microbiota. Lo studio è stato condotto mettendo nella stessa gabbia coppie di criceti adulti in una situazione di conflitto e creando le condizioni affinché uno risultasse vincitore e l’altro perdente. I loro microbioti sono stati valutati prima e dopo un singolo incontro (stress acuto) o dopo ripetuti incontri (stress reiterato).
Quello che i ricercatori hanno osservato è che era sufficiente vivere una singola esperienza di stress per provocare un cambiamento della composizione del microbiota intestinale.
L’effetto era paragonabile a quello osservabile quando gli animali venivano sottoposti a stress fisici molto più forti. Ovviamente questo effetto si amplificava con il susseguirsi delle esperienze stressogene. Altro elemento importante è che l’alterazione del microbiota avveniva indipendentemente dall’esito del conflitto, ovvero vincitori e perdenti ne uscivano entrambi “perdenti”.
A Roma il primo centro specializzato in Italia
Dato l’interesse crescente della comunità scientifica verso il microbiota intestinale, e le sue ripercussioni in termini di Benessere e malattia, da poco è nata a Roma, presso il Policlinico A. Gemelli, la prima Microbiome Clinic in Italia, guidata dal Prof. Antonio Gasbarrini.
La necessità di attivare un centro di questo tipo deriva dalla consapevolezza che nei prossimi anni il microbiota assumerà un ruolo sempre più centrale non solo in gastroenterologia ma anche in altre aree patologiche come reumatologia, oncologia, malattie neurodegenerative e così via.
La Microbiome Clinic del "Gemelli" potrà avere un ruolo di supporto nell’interpretare i profili metagenomici dei pazienti e di orientare i clinici verso interventi più appropriati nei casi, ad esempio, di un paziente con artrite reumatoide o quando si richiede un trapianto di microbiota nel caso di clostridium difficile.