Dal primo caso di Covid-19 in Italia, il 20 febbraio a Codogno (Lo), sono passati solo tre mesi. Il Paese ha saputo reagire, ognuno per quanto di competenza. L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) si è attivata per cercare di tenere le fila di tanti studi che, in modalità off label stavano partendo nei diversi centri Covid. Ad oggi, sono state autorizzate ben 30 sperimentazioni cliniche che coprono tutti i farmaci o approcci che, da più parti, erano stati segnalati per dei riscontri positivi sui pazienti.
Una battaglia contro il tempo
L’Italia ha dovuto gestire i primi casi di soggetti infettati dal Coronavirus SARS-CoV-2 a partire dal 31 gennaio 2020 con due turisti cinesi, in visita nel nostro Paese, risultati positivi al tampone.
Ma il primo focolaio “italiano” è datato 20 febbraio, a Codogno, nel Lodigiano.
Da allora tutto è cambiato. Le nostre certezze, le nostre abitudini, i rapporti con parenti, amici, colleghi. Il modo di fare shopping. Il tutto dentro un corollario di News, fake news, esperti o presunti tali, commentatori di ogni tipo. Tra le tante voci che si ricorrevano c'erano anche quelle che lamentavano come mai tal farmaco, usato in Cina o in Giappone o altrove, da noi non venisse utilizzato. Come se a legittimare l’uso di un farmaco fosse sufficiente il parere di un internauta qualsiasi.
Mentre il nostro sistema sanitario cercava di far fronte ad un numero imprevisto di pazienti Covid, molti dei quali finivano in terapia intensiva, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) iniziava ad analizzare i vari dossier che chiedevano il nulla osta a procedere con delle sperimentazioni cliniche.
Il più delle volte erano casi di “drug repositioning” ovvero l’uso di farmaci già approvati per altre indicazioni, per valutare un qualche effetto anche contro questo Coronavirus.
Il primo farmaco autorizzato è stato l’antivirale remdesivir. Era l’11 marzo. Da quella data sono passati poco più di due mesi ed oggi le sperimentazioni autorizzate sono complessivamente 30 che vedono coinvolte ben 16 molecole differenti.
Vediamo qualche dettaglio
Gli antivirali
Gli antivirali, teoricamente sono tra i primi farmaci da esplorare, visto che SARS-CoV-2 è un virus. Quelli attualmente autorizzati sono quattro: favipiravir, farmaco antinfluenzale approvato in Giappone. E in quel Paese usato anche sui pazienti Covid-19. A marzo se n’era discusso molto perché era stata fatta circolare la falsa notizia che i giapponesi, grazie a questo farmaco, continuavano a condurre una vita regolare, senza alcuna restrizione, mentre in Italia c’era il lockdown.
Verranno arruolati 100 pazienti e i risultati sono attesi per fine luglio.
Due sperimentazioni sono partite a marzo su remdesivir, farmaco antivirale sviluppato da Gilead e già usato contro l’Ebola e altri coronavirus. Gli studi saranno condotti su scala internazionale (200 Paesi, compresa l’Italia), coinvolgeranno circa 8.000 pazienti. Intanto stanno arrivando i primi risultati dalla Cina e dagli Stati Uniti e sembrano promettenti.
Altri studi sono stati autorizzati in vari centri italiani, questa volta su pazienti non gravi, rimasti a casa, e prevedono la somministrazione orale di coppie di farmaci antivirali come darunavir-cobicistat e lopinavir-ritonavir, o di favipiravir con l’antimalarico idrossiclorochina.
Questi studi arruoleranno tra 175 e 435 pazienti e termineranno ad agosto.
L’Italia, insieme a centinaia di altri Paesi, partecipa al mega progetto Solidarity, promosso dall’Oms, di cui ne avevamo già parlato su queste pagine. I farmaci investigati finora sono: remdesivir; lopinavir-ritonavir; lopinavir-ritonavir in combinazione con l’interferone beta1a e clorochina o idrossiclorochina.
Antinfiammatori
Poi ci sono 15 studi su farmaci registrati come antinfiammatori. L’intento di questi studi è valutare i vantaggi che, farmaci di questo tipo, possono dare nel placare la eccessiva reazione immunitaria osservata in questi pazienti.
Sempre come antinfiammatori, sono stati autorizzati alcuni studi con delle “piccole molecole” come baricitinib, usato nell’artrite reumatoide.
E reparixin, un potente inibitore selettivo dei recettori CXCR1 e CXCR2, ad azione inibente l’interleuchina-8 (Il-8).
Recentemente è stato approvato uno studio internazionale (40 centri) con selinexor, un antitumorale ad azione antivirale e antinfiammatoria, almeno nei modelli animali. Verrà testato su pazienti in condizioni gravi.
Anticorpi
Sempre con la finalità di controllare la reazione infiammatoria che si scatena nei polmoni di questi pazienti, sono stati autorizzati, per la sperimentazione clinica, anticorpi monoclonali diretti contro alcune citochine. Canakinumab, anti-interleuchina-1 beta (IL-1 β); sarilumab, anti-interleuchina-6 (IL-6); tocilizumab, anti-interleuchina-6 (IL6); emapalumab, anti-interferone gamma (IFNγ).
E ancora mavrilimumab, anticorpo diretto contro la subunità alfa del recettore per il fattore stimolante le colonie granulocitarie-macrofagiche (GM-CSF). Pamrevlumab, anticorpo ricombinante diretto contro il connective tissue growth factor, per contrastare l’infiammazione dell’interstizio provocata dal virus che, se persistente, può portare alla fibrosi e ad una polmonite interstiziale grave.
Anticoagulanti
Un’altra peculiarità osservata nei pazienti Covid è la formazione di trombi (embolia e trombosi), spesso la vera causa del decesso. Da qui l’idea di procedere con una profilassi antitrombotica. Sono stati autorizzati studi con enoxaparina (eparina a basso peso molecolare), che coinvolgerà complessivamente oltre 3.000 pazienti.
Un altro studio valuterà il profilo del defibrotide, miscela di poli-desossiribonucleotidi, estratti dal tessuto polmonare dei bovini, ad azione antitrombotica e fibrinolitica.
Antimalarici
Due noti farmaci antimalarici molto simili, clorochina e idrossiclorochina, che agiscono con lo stesso meccanismo d’azione e descritti anche nel Lupus eritematoso, potrebbero avere anche una funzione antivirale che antinfiammatoria. Su queste due molecole, in Italia sono in corso cinque studi clinici.
Nelle ultime ore, lo stesso presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di prendere l’idrossiclorochina a scopo preventivo. Suscitando, ancora una volta, tante perplessità nella comunità scientifica internazionale perché, per questa finalità, non ci sono evidenze scientifiche sufficienti.
Di recente è stato approvato uno studio con selinexor, un farmaco testato per i tumori che, in test in vitro e nei modelli animali, sembra avere sia un’azione antivirale che antinfiammatoria. Sarà testato su pazienti in condizioni gravi, distribuiti in 40 centri a livello internazionale
Anti-gotta
Tra i tanti farmaci testati contro il Covid-19, trova spazio anche un alcaloide utilizzato prevalentemente per trattare e prevenire gli attacchi di gotta e, in generale, per ridurre l’infiammazione. Si tratta della colchicina. Viene attualmente testata in due studi clinici, approvati dall’AIFA, con l’obiettivo di reclutare circa 600 pazienti Covid.
Plasmaferesi o Plasma-terapia
Il principio è semplice, e stranoto.
Un paziente che guarisce da una infezione virale, sviluppa degli anticorpi. Questi anticorpi se vengono somministrati ad un altro paziente, possono aiutarlo a guarire. Un sistema semplice ma non facile e neanche banale. Funziona quando ci sono molti pazienti guariti, donatori, che siano compatibili e che non abbiano altre patologie. Come dire, è una estrema ratio che, in assenza di terapie ufficiali approvate o di un vaccino specifico, trova la sua meritata collocazione.
Il 15 maggio il Comitato Etico dell’INMI “L. Spallanzani” ha autorizzato lo studio TSUNAMI, uno studio nazionale, randomizzato, per valutare l’efficacia e il ruolo del plasma ottenuto da pazienti convalescenti da Covid-19. Studio attivato su indicazione del Ministero della Salute, con l’avvallo dell’Istituto Superiore di Sanità e dall’AIFA.
Saranno coinvolti 56 centri, distribuiti in 12 Regioni.
Vaccini
Nessun vaccino è stato ancora autorizzato anche se è bene precisarlo, sono circa un centinaio i vaccini anti-Covid in sviluppo. Di questi sei sono già arrivati sull’uomo ed i primi stanno dando riscontri positivi (produzione di anticorpi nei volontari sani). Si susseguono notizie trionfalistiche, come quelle derivante dal premier inglese e dal presidente americano. Che si dicono certi di poter assicurare ai propri cittadini una copertura vaccinale entro fine anno. Gli esperti sono scettici, non tanto sul risultato quanto sui tempi. Non ci resta che attendere.